8 Ottobre 2025

Come gestire lo stress sul lavoro in studio e prevenire il burnout

di Alessandro Torselli – Consulente di BDM Associati Scarica in PDF

La tassa nascosta sulla produttività

Ogni titolare di studio misura costi, ricavi e margini. Ma c’è un costo invisibile che non entra nei bilanci: lo stress cronico. Non è una debolezza individuale, ma un’epidemia che intacca la redditività. Nel primo trimestre 2024 le denunce di malattie psichiche sul lavoro sono cresciute del 17,9% e le richieste di supporto psicologico del 109,7%.

Il danno per l’Italia è stimato in 88,5 miliardi di euro l’anno, soprattutto per assenteismo e calo di produttività. Ignorare lo stress equivale a contrarre un debito che si paga con interessi altissimi: burnout, perdita di talenti, qualità compromessa. Investire nel benessere non è un costo, ma una scelta strategica.

 

Le cause: la tempesta perfetta negli studi professionali

Gli studi vivono in un contesto dove la pressione è costante. I picchi di lavoro – ad esempio le scadenze fiscali – rendono i ritmi insostenibili. Avvocati e consulenti assorbono lo stress dei clienti, spesso segnati da ansie e conflitti. Le tecnologie hanno cancellato i confini: il lavoro segue ovunque, fino a serate e weekend.

La causa più citata, indicata da circa il 40% dei professionisti, resta però la mancanza di riconoscimento. Qui emerge il “paradosso della dedizione”: perfezionismo, ambizione e disponibilità totale – qualità che portano al successo – diventano le stesse che spingono verso l’esaurimento. Una cultura che glorifica l’autosacrificio finisce per logorare chi lavora con più impegno.

 

Conseguenze: dal logoramento al burnout

Lo stress cronico può sfociare in burnout, riconosciuto dall’OMS come sindrome caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta efficacia. I sintomi includono stanchezza cronica, insonnia, ansia e depressione.

Per lo studio, le conseguenze sono pesantissime: calo di concentrazione, errori, assenze, motivazione ridotta. Il 31,8% dei lavoratori ha già sperimentato condizioni simili. Molti professionisti, esausti, arrivano ad abbandonare la professione, contribuendo al fenomeno delle Grandi Dimissioni.

La differenza tra stress acuto e burnout è chiara: il primo genera urgenza e iperattività, il secondo porta a distacco, cinismo e senso di impotenza.

 

Strategie pratiche: un kit di primo soccorso

Ridurre lo stress richiede azioni concrete:

  • Time management: il multitasking è un’illusione che aumenta errori. Meglio concentrarsi su un compito per volta e programmare pause brevi ma regolari.
  • Delega: affidare responsabilità non significa abdicare, ma valorizzare il team e liberare energie per attività a più alto valore.
  • Automazione: software per documenti, fatture e solleciti alleggeriscono il carico manuale e cognitivo, restituendo spazio mentale.
  • Cura di sé: sonno regolare, attività fisica, mindfulness quotidiana. La resilienza è una competenza da allenare.

Azioni preventive: uno studio a prova di burnout

Non basta reagire: serve prevenire. Costruire una cultura del supporto psicologico è fondamentale: il leader deve incoraggiare un ambiente in cui parlare di stress non sia segno di debolezza. Il 94,6% dei lavoratori indica relazioni sane con colleghi e superiori come il fattore più importante di benessere.

Anche la chiarezza organizzativa riduce ansia: ruoli definiti, obiettivi condivisi, sistemi di riconoscimento formali e informali aumentano la motivazione. La vera prevenzione, però, è progettare il lavoro: semplificare procedure e flussi, garantire autonomia e ridurre le fonti di frustrazione quotidiana.

 

Equilibrio vita-lavoro: integrare, non separare

Il mito del “Work-Life Balance” come divisione netta è spesso irrealistico. Più utile parlare di integrazione consapevole. Non si tratta di costruire muri, ma di installare “porte”.

Stabilire orari di lavoro e di disconnessione, creare spazi fisici dedicati (anche in smart working) ed evitare di lavorare in ambienti destinati al riposo aiuta a ristabilire confini. Pianificare il recupero – sport, hobby, famiglia – con la stessa serietà di un impegno professionale significa costruire attivamente l’equilibrio.

 

Clienti stressanti: fermezza empatica

Molto stress deriva dai clienti difficili. Gestirli è questione di risk management. La prevenzione comincia dal mandato: chiarezza su incarichi, limiti e modalità di comunicazione. Educare il cliente sin dall’inizio previene la maggior parte dei problemi.

Di fronte a richieste irragionevoli, la risposta migliore è la comunicazione assertiva ed empatica: fermezza e rispetto insieme. Ascoltare attivamente consente di riconoscere la paura nascosta dietro l’aggressività. È importante documentare tutto e, quando necessario, interrompere rapporti tossici: un cliente che drena energie non è una risorsa, ma un costo occulto.

 

Conclusione: la produttività sostenibile come vantaggio competitivo

Il mondo del lavoro è cambiato: sacrificio personale in cambio di successo non è più un patto accettabile. L’83,4% dei lavoratori considera prioritario che il proprio lavoro contribuisca al benessere complessivo.

In questo scenario, uno studio che investe in salute ed equilibrio del team costruisce il suo vantaggio competitivo più duraturo. La produttività senza stress è possibile grazie a organizzazione intelligente e leadership empatica.

Trasformare lo studio in un ambiente dove i professionisti possano crescere senza “bruciarsi” significa attrarre talenti, fidelizzare clienti e prosperare nel tempo. Il primo passo può essere semplice: semplificare un processo, programmare una pausa, avviare un dialogo sincero con il team.

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