Impatriati: periodo minimo di residenza all’estero e svolgimento di più attività
di Redazione Scarica in PDF
L’Agenzia delle Entrate, con risposta a interpello n. 263/E del 13 ottobre 2025, ha offerto chiarimenti sul periodo minimo di residenza all’estero e sul contestuale svolgimento di più attività lavorative. L’istante, un cittadino italiano trasferitosi all’estero nel 2023 come dipendente di una società, che ha continuato a collaborare da remoto con un’università italiana e che nel 2026 trasferirà la propria residenza fiscale in Italia, per lavorare presso una nuova società, chiede se sia possibile escludere dal nuovo regime impatriati i soli redditi derivanti dal rapporto di collaborazione instaurato con l’università già prima del trasferimento all’estero.
L’Agenzia ricorda che il nuovo regime impatriati prevede che i benefici si applichino anche nel caso di continuità con una precedente posizione lavorativa in Italia prima del trasferimento all’estero, rilevando tale circostanza solo per il requisito minimo di permanenza all’estero, che diventa più lungo. Pertanto, l’istante, che dichiara di essere stato residente all’estero nei 3 periodi d’imposta precedenti al trasferimento in Italia, potrà fruire, nel rispetto delle ulteriori condizioni previste, del nuovo regime con esclusivo riferimento al reddito derivante dall’attività che intende svolgere alle dipendenze di una società per la quale non ha svolto attività lavorativa all’estero. A tal fine, non rileva la circostanza che al rientro in Italia continuerà a svolgere anche l’attività di collaborazione coordinata e continuativa con l’università. Resta fermo che non potrà, invece, applicare al reddito derivante da tale ultima attività il nuovo regime impatriati, trattandosi di un’attività svolta per lo stesso datore di lavoro per cui aveva lavorato quando era residente all’estero e per il quale aveva lavorato in Italia prima dell’espatrio.



