2 Dicembre 2025

La responsabilità del committente per infortunio in caso di rischio interferenziale

di Roberta Zanino Scarica in PDF

La responsabilità del committente nel caso di infortunio è un tema particolarmente importante. Vediamo, anche attraverso una rassegna di sentenze della Cassazione, quando il committente risponde dell’evento e quali sono le avvertenze per evitare responsabilità, nella consapevolezza che la prima incombenza è quella di gestire al meglio i rischi interferenziali.

 

Obblighi del committente

Fino all’entrata in vigore della Direttiva-quadro 89/391/CEE, attuata nel diritto interno prima con l’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994 e poi con l’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, in mancanza di previsioni legislative specifiche, si applicava il dettato dell’art. 2087, c.c., anche al committente per gli infortuni subiti da lavoratori di cui non era datore di lavoro.

Peraltro, il committente poteva risultare responsabile soltanto in 2 casi:

− se si ingeriva nell’esecuzione dell’appalto comprimendo l’autonomia organizzativa dell’appaltatore che veniva ridotto a mero esecutore. Era quindi necessario dimostrare che il fatto lesivo fosse stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal committente o da suoi rappresentanti, così da agire quale nudus minister privo dell’autonomia che normalmente gli compete;

− per culpa in eligendo, ove cioè il compimento dell’opera o del servizio fossero stati affidati a impresa appaltatrice priva della capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto.

Anche la giurisprudenza penale seguiva tali criteri, ritenendo peraltro che, se il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, da quest’ultimo non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori.

Ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorreva quindi verificare in concreto quale fosse stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole e immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo.

La responsabilità del committente si è ampliata con l’entrata in vigore dell’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008 (e prima ancora con art. 7, D.Lgs. n. 626/1994) e degli artt. 88 ss., D.Lgs. n. 81/2008, per i cantieri temporanei e mobili.

L’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, prevede che il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo, deve:

− verificare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d’opera o di somministrazione.

La verifica può essere effettuata attraverso acquisizione del certificato della CCIAA o mediante autocertificazione dell’appaltatrice;

− fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati a operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività;

− redigere il Documento di valutazione dei rischi da interferenze per valutare, in presenza di contratti di appalto di servizi o d’opera, l’esistenza di rischi derivanti da possibili interferenze negli ambienti in cui sono destinate a operare le ditte appaltatrici. Conseguentemente deve definire le misure da attuare per eliminare o, ove non sia possibile, ridurre al minimo i rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori derivanti da interferenza.

In base alle disposizioni sopra ricordate, grava sul committente l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice, di fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori sulle situazioni di rischio nonché di cooperare con l’appaltatrice e con la subappaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro e sia all’attività appaltata.

Oggi pertanto non è più possibile restringere all’ambito della culpa in vigilando o in eligendo del committente o alla sua concreta ingerenza nell’esecuzione dei lavori il perimetro degli obblighi gravanti sull’impresa appaltante, assumendo la medesima specifichi obblighi contenuti nel D.Lgs. n. 81/2008, che fungono da parametri di valutazione della condotta del committente, titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori dell’impresa appaltatrice in relazione agli infortuni occorsi durante l’esecuzione dell’opera.

 

Rischio interferenziale

La Determinazione n. 3/2008, Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, definisce il rischio interferenziale di cui all’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, come «la circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti».

Si ha interferenza quando vi è una sovrapposizione di attività lavorativa tra lavoratori che rispondono a datori di lavoro diversi, sia in termini di contiguità fisica e di spazio, sia in termini di condivisione di attività lavorativa.

Non solo il contatto rischioso tra lavoratori di imprese diverse che operano nel medesimo luogo di lavoro, ma anche la coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni genera interferenza.

Pertanto, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese il committente che mantenga la disponibilità dell’ambiente di lavoro è tenuto a adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa appaltatrice, consistenti nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori sulle situazioni di rischio, nel predisporre quanto necessario a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata.

Una fattispecie ricorrente è la seguente.

L’impresa committente commissionava all’appaltatore opere di carpenteria da eseguirsi nei locali dello stabilimento della committente.

Un dipendente dell’appaltatore, mentre sollevava una trave corta per potere liberare le travi lunghe sottostanti da tagliare, veniva colpito da una trave posta a terra che slittava.

Il committente era ritenuto responsabile in quanto dall’istruttoria emergeva che le aree di lavoro non risultavano ben definite e organizzate, che le varie lavorazioni avvenivano entro spazi troppo ristretti e che il DUVRI non considerava il rischio proprio della lavorazione rimessa al dipendente infortunato e non definiva le zone di lavoro di quest’ultimo.

La Cassazione[1] ha confermato la sentenza impugnata osservando che il rischio cui era esposto il lavoratore infortunato era strettamente connesso all’organizzazione e alla conformazione dell’ambiente di lavoro.

La Corte ha ritenuto corretta in diritto la motivazione della sentenza della Corte d’Appello, laddove affermava che la predisposizione di spazi adeguati alla sicurezza del dipendente infortunato e degli altri lavoratori non poteva essere rimessa alle sole determinazioni dell’appaltatore, ma doveva essere predisposta di concerto e in cooperazione con il committente, quale titolare dei locali dell’impresa, al fine di adottare misure e prescrizioni, da formalizzare nel DUVRI.

La coesistenza in un medesimo contesto non soltanto di lavoratori ma anche di più organizzazioni genera interferenza, e il committente datore di lavoro è tenuto a seguire attentamente le prescrizioni di cui all’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, per andare esente da responsabilità in caso di infortunio occorso a un dipendente dell’appaltatore.

 

Temporanea assenza di lavoratori

Per evitare il rischio di interferenza è sufficiente che i dipendenti del committente non lavorino nel momento in cui i dipendenti dell’appaltatore stanno eseguendo la loro prestazione all’interno dell’azienda?

Di seguito 2 precedenti sul punto:

  1. la committente aveva affidato lavori di manutenzione ad altra impresa da eseguirsi all’interno della propria azienda, luogo di cui aveva la disponibilità giuridica, la titolarità e il controllo delle fonti di rischio.

Il ciclo produttivo della committente era sospeso nel momento in cui l’appaltatrice eseguiva la riparazione commissionata.

Durante la riparazione un dipendente dell’appaltatrice subiva un grave infortunio per la caduta di un carrello posto sopra il motore del macchinario in riparazione.

La Corte d’Appello confermava la sentenza del Tribunale che aveva escluso la responsabilità della committente sostenendo che non si fosse in presenza di un rischio c.d. interferenziale, con i conseguenti obblighi ex art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, in quanto l’intervento di manutenzione era stato eseguito in un momento in cui i dipendenti della committente non lavoravano e in un’area ben delimitata e circoscritta che non aveva punti di contatto con altri macchinari in movimento pure presenti all’interno degli stessi locali.

La Cassazione[2] ha riformato la sentenza sostenendo che non fosse sufficiente a escludere il rischio interferenziale il solo fatto che al momento dell’intervento fossero state sospese le lavorazioni e non ci fossero punti di contatto con altri macchinari in movimento.

A parere della Cassazione, seguendo il ragionamento dei giudici di merito, il mero avvicendarsi di lavoratori di diverse imprese pur nel medesimo scenario lavorativo, tale da evitare la sola fisica presenza contestuale, sarebbe sufficiente a escludere qualsiasi rischio interferenziale e i conseguenti obblighi di prevenzione stabiliti dall’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008.

In realtà il rischio interferenziale sussiste tutte le volte in cui vi sia una comunanza dell’ambiente in cui si svolge la prestazione che genera un perdurante rischio di infortuni e, quindi, determina la necessità di attivare le procedure di informazione e consultazione previste dalla legge all’insegna del principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile.

La Cassazione ha colto l’occasione per ricordare che il datore di lavoro committente è tenuto, ove abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto, all’adempimento degli specifici obblighi imposti dall’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008; nel caso di inadempimento di tali obblighi, il committente può essere ritenuto responsabile dell’infortunio sul lavoro occorso ai dipendenti dell’impresa appaltatrice, anche in mancanza di qualsiasi ingerenza sull’attività di quest’ultima.

Conseguentemente la Cassazione ha riformato la sentenza con rinvio affinché il giudice del merito accertasse in primis l’eventuale inadempimento dell’azienda committente agli obblighi previsti dall’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008 e, poi, l’incidenza causale degli accertati inadempimenti sulla eziologia del sinistro verificatosi;

  1. la società che gestiva termovalorizzatori appaltava le operazioni di pulizia della caldaia della linea 3 dell’inceneritore a 3 società diverse.

Il dipendente di una delle società subiva un infortunio e la committente era ritenuta responsabile per non avere elaborato un unico Documento di valutazione dei rischi, ma 3 distinti DUVRI, uno per ogni società appaltatrice, ciascuno avente a oggetto le diverse attività svolte.

La Corte d’Appello confermava la sentenza.

La committente ricorreva in Cassazione lamentando l’erronea applicazione dell’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, in quanto le attività svolte dalle 3 ditte erano differenti (anche sotto il profilo temporale), e soprattutto dovevano svolgersi in diversi contesti spaziali, essendo vietato ai dipendenti della società datrice di lavoro dell’infortunato di recarsi all’interno dell’edificio ove operavano le altre imprese.

La committente escludeva quindi che si fosse in presenza di una interferenza lavorativa, per tale dovendosi intendere la sovrapposizione di attività tra lavoratori che rispondono a datori di lavoro diversi, tenendo conto di profili spaziali, temporali e di condivisione dell’attività.

La Cassazione[3] ha confermato la sentenza impugnata, ricordando che l’interferenza rilevante va intesa in senso funzionale, come interferenza non di soli lavoratori, ma derivante dalla coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni, ciascuna delle quali facente capo a soggetti diversi.

Pertanto, l’attività svolta dalla società datrice di lavoro non era «sganciata» da quella delle altre società coinvolte, quel giorno, nella pulizia. Si era trattato, infatti, di attività «concatenate e conseguenziali» complessivamente funzionali a eseguire la pulizia della caldaia, e necessitanti di forme di comunicazione tra i dipendenti delle diverse società, alcuni operanti all’interno dell’impianto, altri all’esterno.

La Suprema Corte ha in particolare posto in evidenza che l’esistenza del rischio interferenziale non necessariamente presuppone la compresenza dei lavoratori delle diverse imprese nel medesimo contesto spaziale o temporale, più o meno ristretto.

Infatti, sotto il profilo spaziale la stessa nozione di cui all’art. 26, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, è piuttosto ampia, facendo riferimento non solo alla singola unità produttiva ma anche all’azienda e al medesimo ciclo produttivo, e mal si concilia con la pretesa del ricorrente di farla coincidere con la contemporanea presenza negli stessi locali di un più ampio complesso aziendale (nella specie, i piani dell’edificio caldaia e lo spazio esterno che ospitava il silo). Sul piano temporale, poi, le attività si erano svolte contemporaneamente o comunque in successione tra loro, in ragione della loro concatenazione nell’unitario procedimento di pulizia.

Il rischio interferenziale e il conseguente obbligo di rispetto dell’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, per il committente sussiste per il solo fatto che vi sia coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni, indipendentemente dal fatto che in un dato momento non vi siano lavorazioni concomitanti o che alcuni macchinari non siano in funzione.

 

Stesso luogo di lavoro

L’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, come già ricordato, trova applicazione nel caso in cui l’impresa committente affidi lavori o servizi all’appaltatrice «all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto».

Se il concetto di azienda e di singola unità produttiva paiono di agevole interpretazione, più complesso è individuare il significato da attribuire ad «ambito dell’intero ciclo produttivo».

La società committente affidava lavori di ristrutturazione del tetto di un edificio all’appaltatore.

Un dipendente dell’appaltatore precipitava a causa di un varco nel tetto.

La Corte d’Appello riformava la sentenza ritenendo responsabile anche la committente ai sensi dell’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008.

La committente ricorreva in Cassazione per violazione dell’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, sostenendo che l’edificio ove era avvenuto l’infortunio era esterno all’azienda, non costituiva sua unità produttiva, né era parte del ciclo produttivo aziendale, essendo estraneo all’organizzazione d’impresa, in assenza ivi di alcuna attività aziendale. Inoltre, l’edificio non era mai stato utilizzato per l’esercizio dell’attività.

La Cassazione[4] ha rigettato il ricorso, ritenendo che correttamente la Corte d’Appello avesse individuato lo «stesso luogo di lavoro», comportante la responsabilità della committente, non già in un rigoroso ambito endo-aziendale (ossia di quel complesso dei beni organizzati dall’imprenditore, veicolo di esercizio dell’attività dell’impresa, ai sensi dell’art. 2555, c.c., da parte del suo titolare), bensì in quello di una «compresenza» organizzata e coordinata (di lavoratori di più imprese) in un «luogo» individuato come medesimo dal «lavoro» (in uno «stesso luogo di lavoro»), corrispondente alla finalità di «realizzazione dell’opera», nel collegamento funzionale tra l’attività industriale (nel settore delle costruzioni elettriche industriali nel proprio stabilimento) svolta dalla committente e la ristrutturazione dell’immobile finalizzata alla destinazione a uso industriale della medesima committente.

Interessante osservare che l’INAIL ricomprende nell’«ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda» anche «gli appalti extraziendali che risultino necessari al fine della realizzazione del ciclo produttivo dell’opera o del servizio e non siano semplicemente preparatori o complementari dell’attività produttiva in senso stretto».

L’ente previdenziale aggiunge che «è da ritenere che da tale ambito debbano escludersi le attività che, pur rientrando nel ciclo produttivo aziendale, si svolgano in locali sottratti alla giuridica disponibilità del committente e, quindi, alla possibilità per lo stesso di svolgere nel medesimo ambiente gli adempimenti stabiliti dalla norma»[5].

Sempre l’INAIL, all’art. 9, MAT, approvate con D.I. 27 febbraio 2019, ai fini della classificazione delle lavorazioni, così recita: «Agli effetti delle tariffe, per lavorazione si intende il ciclo di operazioni necessario perché sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie purché svolte dallo stesso datore di lavoro ed in connessione operativa con l’attività principale, ancorché siano effettuate in luoghi diversi».

L’ambito di applicazione della disciplina non è limitato da un mero criterio topografico, lavori all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, ma si estende all’intero ciclo produttivo dell’azienda, ricomprendendo gli appalti extraziendali che siano necessari per la realizzazione del ciclo produttivo, purché il committente né abbia la disponibilità giuridica.

 

Rischi interferenziali nei cantieri temporanei

La responsabilità del committente per rischio interferenziale sussiste anche nei cantieri temporanei o mobili laddove all’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, si affiano le norme degli artt. 90 ss., D.Lgs. n. 81/2008.

Allorquando, infatti, un cantiere temporaneo o mobile viene in essere all’interno del processo produttivo di un’impresa, il datore di lavoro committente, oltre che alla valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 81/2008, è tenuto:
a) nel caso di appalto interno conferito a una sola impresa o a un singolo lavoratore autonomo, a redigere il Documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 26, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008;
b) nel caso in cui i lavori contemplino l’opera di più imprese o lavoratori autonomi, anche in successione tra loro, a nominare il coordinatore per la progettazione, il quale, ai sensi dell’art. 91, del citato D.Lgs., deve redigere il piano di sicurezza e di coordinamento, che ha valore di Documento di valutazione del rischio interferenziale[6].

In tal senso la Corte di Cassazione[7] ha confermato una sentenza che aveva ritenuto responsabile il committente per l’infortunio subito da un dipendente dell’appaltatore. Il lavoratore, infatti, mentre stava lavorando su un fabbricato della committente, era caduto da un ponteggio metallico realizzato da una subappaltatrice.

La Corte ha ritenuto sussistere un rischio di tipo interferenziale ai sensi dell’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, perché proveniente dalla interazione tra l’attività di impresa della committente e l’attività di impresa delle imprese subappaltatrici, con responsabilità originata dal fatto che la committente, pur avendo la disponibilità giuridica dei luoghi, non si era curata minimamente di provvedere alla informazione sui rischi a carico dei lavoratori coinvolti nell’esecuzione dell’appalto e non aveva vigilato sulla corretta e puntuale osservanza delle norme di sicurezza.

Così ancora la Cassazione[8] ha ritenuto responsabile il titolare di una società per l’infortunio occorso al dipendente dell’appaltatore addetto a lavori di manutenzione del tetto del capannone ove si svolgeva l’attività della società.

Infatti, risultava violato l’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, in quanto il committente, nella cui disponibilità era rimasto l’ambiente, benché i lavori commessi imponessero la realizzazione di un’attività rischiosa di lavoro, non aveva fornito adeguate informazioni ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, né aveva predisposto quanto necessario a garantire la sicurezza degli impianti e cooperato con l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata.

 

Mancata ingerenza committente ed esonero da responsabilità

La mancata ingerenza dell’impresa committente nei lavori appaltati a più imprese presso la propria azienda, esonera la stessa da responsabilità per infortuni occorsi ai dipendenti degli appaltatori?

L’azienda committente appaltava la logistica del piazzale a un appaltatore e il trasporto dei container a un altro appaltatore.

Un dipendente dell’impresa di trasporti subiva un grave infortunio per effetto del rovesciamento di un container/cassa mobile, da caricare sull’automezzo, allocato presso il piazzale della committente.

I giudici di merito ritenevano che la committente non fosse responsabile per l’infortunio. Considerato, infatti, che l’appaltatrice della logistica era tenuta per contratto a ogni assidua forma di sorveglianza e controllo sull’area autonomamente gestita e che aveva deciso autonomamente la dislocazione dei vari container sull’area, doveva essere ritenuta l’unica responsabile per l’accaduto.

La Corte di Cassazione[9] ha annullato la sentenza ritenendo che nel caso di specie l’affidamento a un appaltatore del servizio di trasporto container presso il piazzale del deposito della committente, dove la stessa aveva anche appaltato il servizio di posizionamento dei container e di movimentazione dei mezzi a un altro appaltatore, realizzava la presenza di lavoratori di più imprese in uno stesso luogo di lavoro, rendendo così applicabile l’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008. Tale articolo infatti si applica in tutti i casi di affidamento di servizi in appalto nell’ambito del ciclo produttivo dell’azienda committente che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolgono gli appalti medesimi, atteso che in essi si attua una “compresenza” organizzata e coordinata di lavoratori di più imprese, con una compartecipazione attiva di una pluralità di lavoratori sinergicamente orientata al medesimo scopo produttivo, nell’ambito di un’identità locale intesa in senso funzionale.

La Corte territoriale avrebbe dovuto accertare l’eventuale inadempimento dell’azienda committente agli obblighi sulla stessa gravanti secondo l’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008 e, quindi, verificare l’incidenza causale degli accertati inadempimenti sulla eziologia del sinistro verificatosi, senza limitarsi a riscontrare il difetto di “ingerenza” nell’attività dell’appaltatrice. Infatti, quand’anche fosse stata contrattualmente affidata alla cooperativa l’organizzazione della logistica del piazzale, non poteva ciò essere sufficiente a integrare un esonero da responsabilità per l’inadempimento di obblighi specificamente gravanti sulla committente.

Il committente che affida lavori a più imprese all’interno della propria azienda è tenuto al rispetto del dettato dell’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008, anche qualora non si ingerisca nella gestione dei lavori appaltati.

 

Conclusioni

Il committente che abbia alle proprie dipendenze lavoratori, qualora affidi ad altri soggetti l’effettuazione di lavori o servizi all’interno della propria azienda o comunque nell’ambito dell’intero ciclo produttivo, per andare esente da responsabilità in caso di infortunio subito da un dipendente dell’appaltatore, è tenuto a rispettare il dettato di cui all’art. 26, D.Lgs. n. 81/2008.

Ai fini di esonero di responsabilità non è sufficiente né che le lavorazioni siano eseguite in momenti diversi né che il committente non si ingerisca nell’attività dell’appaltatore.

Il committente deve avere ben chiaro che affidare a soggetti terzi i lavori non lo esonera da responsabilità in caso di infortunio.

[1] Cass. pen., Sez. IV, n. 42948/2024.
[2] Cass. civ., Sez. lav., n. 25113/2025.
[3] Cass. pen., Sez. IV, n. 18438/2025.
[4] Cass. civ., Sez. lav., n. 12324/2024.
[5]L’elaborazione del DUVRI”, edizione 2013, pag. 18.
[6] Cass. pen., Sez. IV, n. 11384/2016.
[7] Cass. civ., Sez. lav., n. 11922/2025.
[8] Cass. civ., Sez. lav., ord. n. 13760/2024.
[9] Cass. civ., Sez. lav., ord. n. 11918/2025.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza”.

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