19 Aprile 2023

Le nuove disposizioni sull’impiego in Italia di lavoratori extra comunitari alla luce del D.L. 20/2023

di Giuseppe Pacifico Scarica in PDF

Con il D.L. 20/2023[1], il Governo è intervenuto in materia di immigrazione introducendo disposizioni urgenti “in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare”.

Riprendendo, anche se solo in parte, le considerazioni effettuate all’indomani della pubblicazione del D.P.C.M. 29 dicembre 2022, il c.d. Decreto flussi per l’anno 2022[2], con cui sono state fissate le quote massime dei lavoratori non comunitari che possono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro, occorre analizzare l’impatto delle nuove ulteriori disposizioni, con particolare riferimento a quelle che si pongono l’obiettivo di favorire l’immigrazione regolare nel nostro Paese, intervenendo sulla programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori stranieri, sulla semplificazione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro, sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri “al di fuori delle quote” e sulla durata dei titoli di soggiorno, anche alla luce dei chiarimenti tempestivamente forniti dall’INL con la nota n. 2066/2023.

 

Premessa

L’intervento normativo entrato in vigore l’11 marzo 2023[3] apporta significative modifiche al D.Lgs. 268/1998 (Testo unico sull’immigrazione, c.d. “Tui”) avendo quale obiettivo principale quello di rendere maggiormente efficiente la programmazione dei flussi di ingresso per motivi di lavoro, introducendo una programmazione triennale dei flussi per il periodo 2023-2025, con indicazione delle quote per ciascuno degli anni, in deroga all’ordinaria programmazione annuale dei flussi di ingresso, per assicurare una migliore gestione della migrazione orientandola verso canali legali e per “funzionalizzare” il numero di ingressi alle effettive esigenze dei vari settori produttivi del mercato del lavoro in tempi compatibili con il manifestarsi dei fabbisogni delle imprese.

L’ottica del provvedimento è anche quella di prevenire e contrastare gli ingressi irregolari: il D.L. 20/2023 contiene disposizioni che, da un lato, hanno l’obiettivo di favorire l’immigrazione regolare (articoli 1, 2, 3, 4, 5 commi 1 e 6) e, dall’altro, sono volte a imprimere una stretta sulla immigrazione irregolare rafforzando gli strumenti di contrasto ai flussi migratori illegali (articolo 5, commi 2, 7, 8, 9 e 10).

Nella prima direzione – che è quella che qui maggiormente interessa e verrà approfondita – si pone l’inserimento di misure di semplificazione della procedura ordinaria del rilascio del nulla osta al lavoro subordinato con lo scopo di facilitare e accelerare l’instaurazione del rapporto di lavoro tra il datore di lavoro, che opera in Italia, e il cittadino straniero, senza rinunciare agli accertamenti e ai controlli rispondenti alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e a quelli in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela del lavoratore.

Le modifiche proposte sono ispirate, dunque, dall’esigenza di far fronte con tempestività all’emergenza determinata dall’attuale perdurante deficit di manodopera qualificata e specializzata in moltissimi settori produttivi del nostro Paese, introducendo una norma che semplifichi l’iter attualmente previsto per l’ingresso di personale formato, ponendolo al di fuori delle quote previste dal decreto di programmazione dei flussi.

E in questo quadro dovranno essere, sempre di più, le organizzazioni datoriali a farsi interpreti verso il Ministero del lavoro del fabbisogno occupazionale delle imprese a esse associate.

 

La programmazione dei flussi di ingresso di lavoratori stranieri

L’intervento normativo di cui all’articolo 1, D.L. 20/2023, rubricato “Misure per la programmazione dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri” introduce una deroga alla programmazione ordinaria dei flussi di ingresso regolata dall’articolo 3, Tui, attribuendo la definizione delle quote massime di lavoratori stranieri da ammettere al lavoro da Paesi terzi all’adozione di un decreto della presidenza del Consiglio dei Ministri, approvato sentiti i ministri interessati, il Cnel, la conferenza unificata, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale e successivamente inviato al Parlamento.

La nuova disposizione prevede, altresì, che “qualora se ne ravvisi l’opportunità”:

“ulteriori decreti possono essere adottati durante il triennio… Le istanze eccedenti i limiti del decreto di cui al comma 1 possono essere esaminate nell’ambito delle quote che si rendono successivamente disponibili con gli ulteriori decreti di cui al presente comma. Il rinnovo della domanda non deve essere accompagnato dalla documentazione richiesta, se la stessa è già stata regolarmente presentata in sede di prima istanza”.

Il quadro normativo interno, anche prima della novella disposta dall’articolo 1 richiamato, disciplinava la programmazione dei flussi di ingresso in Italia per motivi di lavoro di cittadini extracomunitari attraverso 2 principali strumenti previsti dall’articolo 3, Tui:

  1. il documento programmatico triennale relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato il quale – predisposto dal presidente del Consiglio dei Ministri, sottoposto al parere delle commissioni parlamentari e, quindi, adottato con decreto del Presidente della Repubblica – ha la finalità di individuare i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso;
  2. il c.d. “decreto flussi”, adottato attraverso un D.P.C.M., che definisce annualmente, a titolo di programmazione “transitoria”, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per motivi di lavoro (fatta salva la possibilità di adottare ulteriori decreti in corso d’anno).

Per la complessità della procedura di consultazione di tutti gli stakeholders coinvolti, l’ultimo documento programmatico triennale è stato adottato per il triennio 2004-2006 e questo ha determinato l’adozione di decreti flussi a cadenza annuale, relativi alla programmazione con modalità “transitoria”: da strumento attuativo del documento programmatico, il decreto flussi è così divenuto l’unico provvedimento attraverso il quale il Governo ogni anno stabilisce le quote massime di stranieri che possono essere ammessi in Italia per motivi di lavoro.

Con la modifica normativa in commento si cerca di introdurre, fino al 2025, un solo provvedimento per il triennio in cui verranno indicati sia criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso che le quote di ingresso per ciascun anno; anche in questo caso il procedimento di approvazione si presenta complesso – richiedendo l’adozione con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri previa consultazione delle commissioni parlamentari competenti e di una serie di organismi pubblici e privati[4] – ma la semplificazione risiede nella circostanza che è prevista l’approvazione di un solo provvedimento per l’intero triennio, e non più di un documento programmatico triennale accompagnato dall’adozione di decreti flussi annuali.

A tal fine non può non evidenziarsi come, opportunamente, resta in vigore la previsione dell’ultimo periodo del comma 4, articolo 3, Tui, secondo cui è facoltà del presidente del Consiglio definire in proprio le quote in via transitoria “in caso di mancata pubblicazione del decreto annuale”.

Il comma 4, articolo 1, D.L. 20/2023 prevede che le domande che non verranno accolte per mancanza di quote potranno essere esaminate, presumibilmente in via prioritaria e previo rinnovo della domanda, nell’ambito delle quote che si renderanno successivamente disponibili con l’avvertenza che il rinnovo della domanda non deve essere accompagnato della documentazione richiesta, se la stessa è già stata regolarmente presentata in sede di prima istanza. Analoga disposizione è prevista, specificamente, per l’ingresso dei lavoratori del settore agricolo (articolo 5, D.L. 20/2023) laddove si dispone che i datori di lavoro che hanno inoltrato istanza di assegnazione di lavoratori agricoli, e non siano risultati assegnatari, abbiano priorità rispetto ai nuovi richiedenti, sempre senza presentare nuovamente l’intera documentazione già prodotta in prima istanza[5].

Sempre in materia di programmazione dei flussi il comma 5, articolo 1, D.L. 20/2023 introduce una particolare disposizione al fine di prevenire l’immigrazione irregolare:

“con i decreti di cui al presente articolo sono assegnate, in via preferenziale, quote riservate ai lavoratori di Stati che, anche in collaborazione con lo Stato italiano, promuovono per i propri cittadini campagne mediatiche aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari”.

La previsione di agevolazioni connesse all’impegno degli Stati terzi a collaborare con il nostro in materia migratoria non rappresenta una novità essendo già disposta una riserva di quote in tal senso dall’articolo 21, Tui (che non ha subito modificazioni); l’elemento nuovo è piuttosto costituito da ciò che si intende valorizzare: campagne mediatiche sui rischi legati alla immigrazione irregolare, come se i migranti non fossero già di per sé consapevoli dei rischi cui vanno in contro nel momento in cui ricorrono ai canali della immigrazione irregolare.

 

Semplificazione e accelerazione delle procedure per il rilascio del nulla osta

Mentre l’articolo 1, D.L. 20/2023 interviene a livello di programmazione dei flussi, l’articolo 2 interviene sulla disciplina riguardante il singolo lavoratore e reca le seguenti misure di semplificazione e accelerazione delle procedure per l’instaurazione del rapporto di lavoro:

  1. asseverazione a cura del datore di lavoro delle condizioni di lavoro offerte e della propria capacità economica;
  2. riduzione dei tempi di rilascio del nulla osta;
  3. possibilità di lavorare regolarmente dopo il rilascio del nulla osta ma prima della convocazione per la formalizzazione del contratto di soggiorno.

Con riferimento al primo aspetto sopra sintetizzato, la disposizione dell’articolo 2, D.L. 20/2023, nel modificare gli articoli 22 e 24, D.Lgs. 286/1998, inserisce nel corpo del Tui, rendendola strutturale, la procedura semplificata – introdotta dall’articolo 44, D.L. 73/2022 (decreto semplificazioni fiscali) convertito con modificazioni dalla L. 122/2022, già applicata in via sperimentale nell’ambito dell’ultimo decreto flussi (il D.P.C.M. 29 dicembre 2022) e confermata per gli anni 2022 e 2023 – allo scopo di facilitare e accelerare l’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato tra il datore di lavoro, che opera in Italia, e il cittadino straniero, senza che però lo Stato rinunci a quegli accertamenti e controlli tipicamente “istituzionali” in quanto rispondenti alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché a quelli in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela del lavoratore (e richiamati dal comma 4 del nuovo articolo 24-bis, Tui).

In particolare, l’introduzione dell’articolo 24-bis, Tui prevede che la verifica dei requisiti concernenti l’osservanza delle prescrizioni del contratto di lavoro e la congruità del numero delle richieste presentate di cui all’articolo 30-bis, comma 8, D.P.R. 394/1999, già rimesse agli ispettorati del lavoro, è demandata ai professionisti di cui all’articolo 1, L. 12/1979, iscritti all’albo dei consulenti del lavoro, a quello degli avvocati o dottori commercialisti ed esperti contabili nonché alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ai quali il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato.

Come già osservato[6], l’introduzione dell’asseverazione per la verifica della congruità delle condizioni di lavoro e sulla capacità finanziaria delle imprese di far fronte regolarmente al costo del lavoro in sostituzione della verifica sinora demandata al SUI è uno strumento non nuovo, in quanto già introdotto con identica disposizione dall’articolo 44, D.L. 73/2022 che, peraltro, non aveva mancato di suscitare preoccupazioni tra i consulenti del lavoro e gli altri professionisti che assistono le imprese nell’amministrazione del personale e nella tenuta della documentazione aziendale obbligatoria, in primis per il pericoloso conflitto di interessi che non mancherebbe di insinuarsi nel rapporto fiduciario cliente-consulente (o associazione di appartenenza), poi in ragione della circostanza per cui questi ultimi non disponendo di poteri “ispettivi” o di alcuna legittimazione a procedere a verifiche di luoghi e/o documentazione aziendale, non potranno che essere chiamati a effettuare controlli esclusivamente su un piano strettamente formale, ovvero su ciò che risulta dalla documentazione aziendale soggetta a tenuta obbligatoria (registri, bilanci) che difficilmente consente una visione attendibile e aggiornata nonché, da ultimo, per le eventuali conseguenze di natura anche penale in caso di attestazioni relative a circostanze che dovessero risultare non veritiere all’esito dei controlli effettuati a campione dagli enti preposti al rilascio delle istanze.

In merito, con la nota n. 2066/2023, l’INL ritorna sui criteri che devono guidare il professionista nel rendere l’asseverazione da produrre unitamente alla richiesta di assunzione del lavoratore straniero a cura del datore di lavoro, richiamando in parte le indicazioni già fornite con la circolare n. 3/2022.
Le verifiche in questione dovranno incentrarsi sull’analisi dei requisiti che seguono:

Criteri su cui effettuare la verifica di congruità – asseverazione
Criteri da verificare Indicazioni dell’INL (circolare n. 3/2022 integrata da nota n. 2066/2023)
Capacità patrimoniale Capacità dell’impresa di sostenere tutti gli oneri di assunzione in relazione al numero di personale richiesto e di mantenere, nel corso del tempo, una struttura patrimoniale bilanciata che le permetta di operare in modo equilibrato.
Capacità economica Requisiti reddituali che il datore di lavoro è tenuto a dimostrare al fine di poter assumere il cittadino straniero.
Verifica del possesso, in relazione a ciascun lavoratore che si intende assumere, di un reddito imponibile o di un fatturato non inferiore a 30.000 euro annui, risultanti dall’ultima dichiarazione dei redditi o dall’ultimo bilancio di esercizio (circolare INL n. 3/2022).
Per lavoro domestico o assistenza alla persona il reddito imponibile non può essere inferiore a 20.000 euro annui se nucleo famigliare composto solo dalla sua persona e non inferiore a 27.000 euro annui se nucleo composto da più famigliari conviventi.
La verifica non è necessaria per il datore di lavoro, affetto da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza, che intenda assumere un lavoratore straniero addetto alla sua assistenza.
Per le imprese agricole possono essere considerati indicatori ulteriori rispetto al fatturato: in dichiarazione Iva o Irap volume d’affari al netto degli acquisiti o i contributi comunitari documentati dagli organismi erogatori.
Congruità del numero delle richieste presentate Soglia minima per la presentazione di una sola istanza è 30.000 euro di fatturato/reddito imponibile annuo.
Nessun automatismo o meccanismo di sommatoria automatica per numero di lavoratori da assumere (comma 4, articolo 9, D.M. 27 maggio 2020): la congruità del numero delle richieste deve essere valutata caso per caso.
Il datore di lavoro deve possedere in alternativa i seguenti requisiti reddituali:
a) fatturato al netto degli acquisti superiore a 30.000 euro (e comunque sufficiente a coprire il costo di tutti i dipendenti in forza, compresi i lavoratori stranieri oggetto di istanza);
b) reddito imponibile superiore a 30.000 euro (e comunque sufficiente a coprire il costo del lavoro di tutti i dipendenti in forza, compresi i lavoratori stranieri oggetto di istanza).
Costo del lavoro determinato con riferimento alla retribuzione lorda spettante al lavoratore sulla base del Ccnl sottoscritto dai sindacati maggiormente rappresentativi del settore in cui l’azienda opera.
Capacità economica imprese di nuova costituzione Per valutare la capacità economica di impresa per la quale al momento della presentazione della domanda non è ancora maturato il termine per gli adempimenti di legge di natura fiscale devono essere valorizzati indici rivelatori ulteriori, a titolo esemplificativo:
a) esame fatturato presuntivo del primo anno di attività;
b) consistenza del capitale sociale versato,
in relazione alle esigenze concrete dell’impresa.
Fatturato Somma dei ricavi ottenuti dall’impresa attraverso cessioni di beni e/o prestazione di servizi per i quali è stata emessa fattura.
Numero dei dipendenti Compresi quelli già richiesti, da intendersi come unità di personale dipendente mediamente occupato, almeno negli ultimi 2 anni, con contratti di lavoro subordinato.
Tipo di attività svolta dall’impresa Anche con riferimento al carattere continuativo o stagionale della stessa.

 
Il comma 3, nuovo articolo 24-bis, Tui conferma quanto già previsto dall’articolo 44, comma 5, D.L. 73/2022, ovvero che l’asseverazione non è richiesta nel caso in cui le domande siano inviate, in nome e per conto dei propri associati, dalle organizzazioni di categoria comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e che siano firmatarie degli appositi protocolli d’intesa con il Mlps con cui si impegnano a garantire il rispetto dei predetti requisiti.

Quanto alla riduzione dei tempi per il rilascio del nulla osta, stagionale e non, l’intervento normativo in commento persegue la finalità di rendere effettivo il termine di rilascio e di assicurarne il completamento in un periodo di tempo ragionevole e certo, prefissato, contemperando l’esigenza di effettuare i dovuti controlli con quella di acquisire la manodopera necessaria per le esigenze del mercato del lavoro, soprattutto nel caso dei lavoratori stagionali, in tempi solleciti.

Pertanto, il comma 5, articolo 22, Tui, come riformulato, prevede che

“nel complessivo termine massimo di 60 giorni dalla presentazione della richiesta”,

il SUI rilascia in ogni caso il nulla osta al lavoro,

“qualora, nel termine indicato al comma 5, non sono state acquisite dalla questura le informazioni relative agli elementi ostativi di cui alla presente disposizione”.

Elementi ostativi che, se accertati successivamente – in base ad informazioni assunte dalla questura o in base ai controlli a campione (sui rapporti di lavoro instaurati) effettuati dal personale dell’INL in collaborazione con l’Agenzia delle entrate – comporteranno:

“la revoca del nulla osta e del visto, la risoluzione di diritto del contratto di soggiorno, nonché la revoca del permesso di soggiorno”

senza che la norma preveda alcuna distinzione in ordine alle responsabilità dei soggetti coinvolti in rapporto ai motivi ostativi emersi successivamente all’avvenuto rilascio del nulla osta, del visto e alla instaurazione del rapporto di lavoro con il lavoratore straniero.

Il termine di 60 giorni introdotto dalla nuova disposizione è più lungo di quello che si stava sperimentando (ovvero 30 giorni) ma ora è espressamente previsto che una volta decorso il nulla osta verrà rilasciato comunque, automaticamente, e inviato alle rappresentanze diplomatiche italiane dei Paesi di origine per il rilascio del visto di ingresso[7]. Da notare poi che la disciplina previgente continuerà a trovare applicazione per le istanze già depositate e per coloro che abbiano già ricevuto l’invito a presentarsi in questura per la formalizzazione della domanda.

Se da un punto di vista teorico gli interventi sopra indicati vanno nella dichiarata direzione di semplificare e accelerare le procedure per il rilascio del nulla osta, da un punto di vista pratico occorre osservare che non pare trattarsi di misure dalla portata così innovativa avendo già l’articolo 42, D.L. 73/2022 disposto per l’anno 2021 il rilascio del nulla osta in ogni caso nel termine di 30 giorni e il successivo rilascio del visto di ingresso entro 20 giorni dalla domanda e, ciononostante, non sono stati apprezzati significativi vantaggi temporali riguardo ai tempi di attesa complessivi. Il rischio è che anche il nuovo termine massimo di 60 giorni possa rimanere solo sulla carta essendo evidente sin d’ora che, in assenza di un meccanismo di silenzio-assenso, i tempi per il rilascio continueranno a essere condizionati dalla immutata scarsità organizzativa e di risorse degli uffici preposti, anche in ragione della clausola dell’invarianza finanziaria contenuta nell’ultimo articolo del D.L. 20/2023 e dalla previsione secondo cui le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti richiesti “con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.

L’elemento realmente innovativo rispetto al quadro normativo di riferimento è costituito dalla introduzione del comma 6-bis, articolo 22, Tui, a opera dell’articolo 2, D.L. 20/2023, a mente del quale:

“Nelle more della sottoscrizione del contratto di soggiorno il nulla osta consente lo svolgimento dell’attività lavorativa nel territorio nazionale”.

Per effetto della modifica normativa in argomento, cioè, al nulla osta è ricondotto l’effetto dell’autorizzazione all’instaurazione del rapporto di lavoro ed al conseguente inizio dell’attività lavorativa.

Le motivazioni della scelta operata sono evidentemente legate a ragioni di opportunità essendo noto a tutti gli operatori che i tempi di attesa per la convocazione presso il SUI e la contestuale sottoscrizione del contratto di soggiorno si sono rivelati spesso lunghissimi e, dunque, prevedere che nelle more delle verifiche i lavoratori possano essere assunti regolarmente, evita il rischio che gli stessi vengano impiegati ugualmente anche senza essere stati preventivamente regolarizzati. Non può non essere parimenti noto, infatti, che l’incontro tra offerta e domanda di lavoro tra datore di lavoro italiano e lavoratore straniero non avviene – come invece più correttamente dovrebbe – a distanza, ma la preferenza dei datori di lavoro ricade, nei fatti e seppur contro il dettato normativo, su lavoratori comunque già presenti sul territorio italiano e molto spesso già impiegati, non fosse altro che in ragione della maggior fiducia data dalla conoscenza diretta, soprattutto quando si considera, ad esempio, il settore del lavoro domestico o quello della cura della persona.

Solo attraverso la pratica concreta si potrà verificare l’effettiva realizzabilità della previsione normativa in commento se si considera che per formalizzare la comunicazione di assunzione UNILAV di un lavoratore al centro per l’impiego – per la quale non è prevista alcuna deroga – è necessario indicarne il codice fiscale, la cui attribuzione è demandata al SUI che dovrà ancora rilasciarlo al momento della convocazione. Inoltre, per il pagamento delle retribuzioni secondo il dettato dell’articolo 1, comma 910, L. 205/2017 è necessario un conto in banca (o altro strumento equivalente) ma nelle more delle verifiche il lavoratore straniero ancora privo, non solo di un permesso di soggiorno, ma anche della stessa domanda di rilascio del permesso di soggiorno – che viene generata sempre presso il SUI al momento della convocazione – non può ottenerlo.

 

Ingresso e soggiorno “al di fuori delle quote

L’articolo 3, comma 1, D.L. 20/2023, novellando l’articolo 23, Tui, mira a rafforzare e rilanciare il canale di ingresso riservato ai lavoratori formati all’estero e prevede che, così come già altre categorie di lavoratori stranieri, anche i lavoratori che abbiano completato nei loro Paesi di origine appositi programmi di istruzione e formazione, possano fare ingresso al di fuori delle quote previste dal decreto flussi, in ragione dei fabbisogni manifestati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dalle associazioni di categoria del settore produttivo interessato.

Le nuove norme stabiliscono, inoltre, che:

“il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali adotta linee guida con le quali sono fissate le modalità di predisposizione di programmi di formazione professionale e civico-linguistica e individuati i criteri per la loro valutazione”.

L’impatto atteso con tale disposizione è quello di sviluppare una maggiore collaborazione con i principali Paesi di origine dei flussi migratori e rispondere ai fabbisogni di manodopera dei datori di lavoro, al fine di promuovere percorsi di qualificazione professionale e selezione direttamente nei Paesi di origine dei lavoratori, i quali potranno fare ingresso in Italia con procedure semplificate e sganciate dalle quote previste dal decreto flussi.

La domanda di visto di ingresso deve essere presentata, a pena di esclusione, entro 6 mesi dalla conclusione del corso e deve essere accompagnata da un documento a conferma della disponibilità di essere assunto da parte del datore di lavoro (ad esempio, il contratto o una lettera di assunzione).

Sempre l’articolo 3, al comma 2, prevede che il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di studio e di formazione a cittadini non comunitari presenti in Italia possa essere convertito al di fuori delle quote, in presenza di tutti i requisiti previsti per legge.

In coerenza con il mutato quadro normativo di cui all’articolo 6, Tui, già per effetto del D.L. 130/2020 – che aveva esteso la convertibilità dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro di diverse tipologie di permessi di soggiorno, tra cui quelli per protezione speciale, per acquisto della cittadinanza, per assistenza minori, per motivi religiosi e per cure mediche – ora, grazie alle nuove norme, anche i permessi di soggiorno per motivi di studio diventano pienamente convertibili in lavoro, senza che sia più necessario attendere l’adozione del decreto flussi. La possibilità di convertire al di fuori delle quote, prima prevista solo per coloro che conseguivano in Italia il diploma di laurea, un master o un dottorato, viene quindi, ora, in generale estesa a tutti i titolari di un permesso di soggiorno per motivi di studio/formazione.

 

Durata del rinnovo dei permessi di soggiorno

L’articolo 4, D.L. 20/2023 interviene a modificare la durata, in fase di rinnovo, del permesso di soggiorno rilasciato per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo o per ricongiungimento familiare.

In particolare, mentre permane la durata massima biennale di tali permessi in fase di primo rilascio, viene ora previsto che, quando si richiede il rinnovo di tali permessi questo possa essere disposto per una durata massima di 3 anni, anziché 2 come oggi. In questo modo, con un solo rinnovo, il titolare di questi tipi di permesso di soggiorno, in presenza degli altri requisiti previsti dalla legge, avrà raggiunto i 5 anni di possesso di titoli di soggiorno in corso di validità che costituisce il presupposto perché possa richiedere direttamente il permesso per lungo-soggiornanti (di cui all’articolo 9, Tui).

Questa previsione, oltre a stabilizzare maggiormente sul territorio i lavoratori stranieri e i loro familiari, mira sia a semplificare le procedure di rinnovo per i lavoratori stranieri sia, conseguentemente, a ridurre l’onere che grava sulle questure, deputate a gestire un gran numero di pratiche di rilasci e rinnovi dei permessi di soggiorno.

È appena il caso di notare che il decreto non interviene sulla durata dei permessi di soggiorno per lavoro a tempo determinato (che resta, quindi, di 1 anno al massimo) denotando la tendenza a preferire il soggiorno stabile sul territorio piuttosto che quello temporaneo, di breve durata, ancorché per motivi di lavoro.

 

[1] In Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 59/2023.

[2] Sia consentito, per specifici approfondimenti, il riferimento a G. Pacifico, “Il Decreto Flussi per l’anno 2023”, in La circolare di lavoro e previdenza, n. 8/2023.

[3] Per questo motivo le norme introdotte dal D.L. 20/2023 dovranno essere convertite in legge entro il 10 maggio prossimo e l’iter di conversione al Senato è già iniziato (A.S. n. 591).

[4] Le consultazioni per effetto dei commi 2 e 3, articolo 1, D.L. 20/2023 sono previste con una serie di enti ancor più numerosa rispetto a quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, Tui nella versione previgente comprendendo – come riportato – anche il Cnel, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e le associazioni dedite all’assistenza dei migranti.

[5] Sul punto si veda anche la nota INL n. 2066/2023.

[6] In G. Pacifico, “Il Decreto Flussi per l’anno 2023”, in La circolare di lavoro e previdenza, n. 8/2023, cit..

[7] Sul punto occorre evidenziare che non essendo stata introdotta la stabilizzazione della norma che prevedeva il rilascio del visto entro 20 giorni dalla domanda (articolo 42, comma 3, D.L. 73/2022), torna per il rilascio di quest’ultimo il termine generale di 90 giorni (articolo 5, comma 8, D.P.R. 394/1999, regolamento di attuazione del testo unico sull’immigrazione).

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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