9 Settembre 2021

I mille dubbi del green pass in azienda

di Evangelista Basile

Con il D.P.C.M. 17 giugno 2021, il Governo – sulla scia della normativa europea sul certificato COVID – ha introdotto, per usufruire di alcuni servizi e accedere ad alcune attività, il c.d. green pass, ovvero un QR code personale, attivabile tramite Spid, che certifica il possesso della copertura vaccinale (anche una sola dose), l’avvenuta guarigione o l’effettuazione di un tampone negativo nelle ultime 48 ore da parte dell’utente.

Le attività coinvolte, in verità, non sono poche: parliamo, infatti, di ristoranti (al chiuso), trasporti (di medio lunga percorrenza), musei, palestre, piscine, sale gioco, spettacoli al chiuso, etc..

Per quel che riguarda i posti di lavoro, invece, non si è detto granché. Ad oggi, esiste l’obbligo di green pass solo per i docenti e il personale scolastico (e non senza polemiche), mentre un vero e proprio obbligo vaccinale per gli operatori sanitari (non senza ancor più forti polemiche).

Il sistema così delineato, però, crea degli inevitabili cortocircuiti: è, prima facie, evidente la contraddizione in cui si cade se si pensa che, mentre gli avventori di un ristorante, ma così come gli utenti di un museo o i viaggiatori, sono obbligati a mostrare il proprio green pass, le persone che negli stessi luoghi lavorano non sono soggetti al medesimo obbligo.

E, ancora, come comportarsi nei confronti di lavoratori “terzi”?

Si faccia il caso di quei lavoratori che operano in appalti endoaziendali o per i fornitori di un’attività che rientra fra quelle in cui vige l’obbligo di green pass per l’accesso ai locali. Può (ma meglio, deve) la committente premurarsi che i dipendenti dell’impresa appaltatrice dei servizi ne siano forniti, tanto quanto i propri utenti (ma non i propri dipendenti)? E come ci si comporta nei confronti dei propri lavoratori privi – spesso deliberatamente e senza un ragionevole motivo di esonero – di certificazione COVID? La giurisprudenza del periodo emergenziale, in tema di obbligo vaccinale per gli operatori sanitari, ha sostanzialmente, in maniera unanime, avallato la tesi della possibilità di sospensione dei lavoratori, ma la questione in questo caso può trovare ulteriori ostacoli: primo fra tutti, il costo dei tamponi per ottenere il green pass, in assenza di vaccino, a chi farà capo?

Secondo i sindacati, che si sono espressi a favore dell’obbligo vaccinale e non a quello del green pass, l’eventuale tampone sarebbe a carico del datore di lavoro quale misura di sicurezza messa a disposizione ai sensi dell’articolo 2087, cod. civ..

Nel frattempo, invece, in seguito all’introduzione dell’obbligo di green pass per i docenti, il TAR Lazio, con decreto n. 4531 del 2 settembre 2021, ha confermato la possibilità di sospensione dei lavoratori sforniti di certificazione e ha ritenuto “non irrazionale” che il costo del tampone gravi, in considerazione della speculare gratuità del vaccino, sul docente che preferisca tale alternativa.

Le problematiche, dunque, sono diverse e diverse rimarranno le soluzioni prospettabili in attesa di un intervento netto e risolutivo del Legislatore, che, a quanto pare, sta valutando la possibilità di un obbligo vaccinale vero e proprio che riguardi tutta la popolazione, lavoratori compresi.

 

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