6 Dicembre 2023

Ticket restaurant, indennità sostitutiva mensa e mense convenzionate

di Laura Ferrari Scarica in PDF

In questo approfondimento analizzeremo quali sono gli strumenti a disposizione del datore di lavoro per rimborsare o erogare i pasti ai propri dipendenti, con un focus sugli aspetti previdenziali e fiscali, differenziati rispetto alle diverse tipologie e casistiche.

 

Analisi degli strumenti a disposizione del datore di lavoro per erogare o rimborsare i pasti  

Il lavoratore subordinato potrebbe avere diritto al riconoscimento di un’indennità di pasto o all’erogazione di un’indennità sostitutiva di mensa se previsto dalla contrattazione collettiva nazionale o da altri livelli di contrattazione, territoriale, aziendale e anche individuale. La scelta della modalità di erogazione spetta a ogni modo al datore di lavoro che, valutando sia la fattibilità di gestione sia l’eventuale convenienza di uno strumento rispetto a un altro, individua quello che reputa essere più adatto.

Anche qualora non previsto dalla contrattazione nei suoi diversi livelli, il datore di lavoro potrebbe comunque pensare di integrare la retribuzione dei propri dipendenti attraverso servizi o rimborsi aggiuntivi per ristorarli dei pasti, al fine di poter risultare più attrattivo in fase di selezione della nuova risorsa, ma allo stesso tempo aumentare le chance di poter ritenere in azienda i dipendenti, come già avviene anche con politiche di welfare più ampie.

Il datore di lavoro ha la possibilità di scegliere, ad esempio, tra:

  • l’erogazione di buoni pasto o ticket restaurant (sia in formato cartaceo sia elettronico);
  • il riconoscimento di un’indennità sostitutiva;
  • la somministrazione del vitto tramite l’organizzazione di una mensa interna (o anche tramite terzi).

Nella trattazione dell’articolo faremo una prima carrellata dei diversi strumenti a disposizione e in uso nelle aziende, per poi soffermarci sull’analisi della loro natura e delle relative previsioni normative in materia previdenziale e fiscale.

 

Servizio di mensa in genere

Quando si parla di mensa si fa riferimento alla messa a disposizione dei dipendenti di un servizio pasti durante l’intervallo di lavoro, che può essere realizzato in varie modalità che di seguito elenchiamo:

  • realizzazione di una mensa aziendale interna di propria gestione;
  • realizzazione di una mensa interna affidata in appalto a un’apposita società;
  • erogazione di buoni pasto di un determinato valore utilizzabili in esercizi convenzionali;
  • mense esterne presso apposite strutture convenzionate;
  • in mancanza del servizio, erogazione un’indennità sostitutiva.

In alcuni casi, che in seguito andremo a sviscerare, il datore di lavoro può concedere di erogare l’indennità sostitutiva anche in presenza di un servizio, qualora il lavoratore non lo utilizzi.

Il datore di lavoro può prevedere l’utilizzo di più sistemi contemporaneamente, in funzione delle proprie esigenze organizzative; ad esempio, sistema dei ticket per una categoria di dipendenti e servizio mensa per un’altra. Si ritiene invece di escludere che uno stesso dipendente, con riferimento alla stessa giornata lavorativa, possa fruire di più sistemi.

 

I buoni pasto o ticket restaurant e altri servizi sostitutivi di mensa

Per buoni pasto si intende la consegna di buoni cartacei o in formato elettronico con un valore nominale prestabilito dal datore di lavoro, che lo stesso acquista in via anticipata e consegna poi ai propri dipendenti per ogni giornata di lavoro effettivamente prestata. I buono pasto danno infatti al lavoratore il diritto di ottenere dagli esercizi convenzionati con la società di emissione dei buoni, la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia per il consumo.

In merito alle modalità di utilizzo dei ticket restaurant e degli altri servizi sostitutivi di mensa, è necessario ricordare che, dal 1° luglio 2023, la disciplina di riferimento, a seguito dell’abrogazione disposta dall’articolo 226, D.Lgs. 36/2023 del D.M. Mise122/2017, è contenuta nell’allegato II.17, D.Lgs. 36/2023.

L’articolo 131, D.Lgs. 36/2023 e in particolare l’allegato II.17 chiarisce che i buoni pasto possono essere utilizzati anche quando l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto.

Il buono pasto presenta specifici caratteri individuati dall’articolo 4 del richiamato Allegato II.17 tra i quali:

  • sono incedibili;
  • non possono essere commercializzati o convertiti in denaro;
  • possono essere cumulati per essere usati contemporaneamente fino al limite di 8;
  • sono utilizzabili solo dal titolare esclusivamente per l’intero valore facciale.

Quando si parla di servizi sostitutivi di mensa, in base all’articolo 4, L. 77/1997, oltre che i buoni pasto, si devono intendere anche le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi, le cessioni di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato effettuate da mense aziendali, interaziendali, rosticcerie e gastronomie artigianali, pubblici esercizi e dagli esercizi commerciali muniti di autorizzazione per la vendita, produzione, preparazione di generi alimentari, anche su area pubblica e operate dietro commessa di imprese che forniscono servizi sostitutivi di mensa aziendale.

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 22702/2014, ha inoltre stabilito che lavorare in pausa pranzo dà comunque diritto al buono pasto. Nello specifico, il diritto sussiste sia nel caso in cui durante la pausa pranzo concordata il lavoratore sia impegnato al lavoro, sia nel caso in cui abbia terminato di lavorare, ma i tempi di percorrenza non gli consentano di raggiungere la propria abitazione.

Un’altra sentenza da portare all’attenzione sul tema è la n. 16135/2020 della Corte di Cassazione con la quale viene stabilito che l’erogazione dei buoni pasto possa essere variato anche unilateralmente su deliberazione del datore di lavoro in quanto previsto da un atto interno e non da accordo sindacale.

 

Analisi delle casistiche di esclusione dall’imponibile fiscale e previdenziale

Iniziamo l’analisi partendo dal Tuir.

L’articolo 51, comma 2, lettera c), Tuir stabilisce che non concorrono a formare il reddito:

  • le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi;
  • le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di 4 euro, aumentato a 8 euro nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica;
  • le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o a unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all’importo complessivo giornaliero di 5,29 euro.

Sono pertanto esclusi dalla retribuzione imponibile ai fini sia previdenziali sia fiscali la somministrazione:

− di pasti effettuata in mense gestite direttamente dal datore di lavoro o affidate a terzi;

− di vitto da parte del datore di lavoro.

Possono beneficiare delle medesime agevolazioni previste per la somministrazione dei pasti effettuate tramite mense aziendali, anche le mense diffuse. Si tratta di offrire ai dipendenti la possibilità di poter usufruire di una rete di ristoranti e locali convenzionati.

La risoluzione n. 63/E/2005 chiarisce infatti che sono mense aziendali anche gli esercizi pubblici, limitatamente alla somministrazione di alimenti e bevande realizzata sulla base di specifiche convenzioni con i datori di lavoro.

 

ESEMPIO 1

Rientrano nella somministrazione di pasti effettuata in mense gestite direttamente dal datore di lavoro o affidate a terzi:

  • la mensa aziendale;
  • le convenzioni con i ristoranti;
  • la fornitura di cestini preconfezionati contenenti il pasto dei dipendenti.

Rientra nella somministrazione di vitto da parte del datore di lavoro:

  • il caso del datore di lavoro ristoratore che somministri il pasto ai camerieri o al cuoco del ristorante.

Il servizio di mensa e l’eventuale indennità sostitutiva, secondo quanto stabilito dall’articolo 6, commi 3-5, D.L. 333/1992 convertito in L. 359/1992 non possono essere considerati elemento retributivo in grado di avere effetti su altri istituti legali e contrattuali. Il diritto alla fruizione dei buoni, strettamente correlato alle disposizioni della contrattazione collettiva, anche attraverso la contrattazione aziendale, costituisce un’erogazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro, finalizzata a conciliare le esigenze di servizio con quelle quotidiane del lavoratore.

È possibile a ogni modo che accordi collettivi stabiliscano se e in quale misura l’indennità mensa costituisca elemento retributivo.

Per quanto concerne i buoni pasto o ticket restaurant, la legislazione recente è intervenuta in più occasioni a modificare la soglia di esenzione. La L. 190/2014, ossia la Legge di Stabilità 2015, ha stabilito un aumento dell’iniziale limite di esenzione fiscale e previdenziale di 5,29 euro dei ticket elargiti in formati elettronico, elevandolo a 7 euro per ciascun buono emesso su base giornaliera.

Tale disposizione è stata nuovamente modificata dall’articolo 1, comma 677, L. 160/2019, Legge di Bilancio 2020, che ha previsto nuovi limiti entro cui i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, in particolare portandoli a 4 euro giornalieri per i buoni cartacei e a 8 euro giornalieri per quelli elettronici.

In caso di erogazione di buoni di somme superiori ai predetti limiti di esenzione, le eccedenze calcolate per differenza rispetto ai limiti di esenzione, rientrano nella determinazione del reddito e pertanto sono assoggettati a trattenuta previdenziale e fiscale.

La medesima esenzione opera anche nel caso di lavoratori a tempo parziale.

 

ESEMPIO 2

L’azienda Pinco Pallino ha stabilito di riconoscere ai propri dipendenti buoni pasto giornaliero del valore nominale di 12 euro.

  • un lavoratore ha ricevuto 20 buoni pasto elettronici, uno per ogni giornata di lavoro;
  • il valore nominale dei buoni è di 12 euro al giorno.

La soglia di esenzione, trattandosi di buoni elettronici è pertanto di 8 euro al giorno.

Si determina il valore in eccedenza del buono rispetto alla quota esente: (12 – 8) = 4 euro

Si moltiplica l’eccedenza per il numero delle giornate di spettanza del buono, ossia le giornate lavorate:

4 euro x 20 giorni = 80 euro importo ricompreso nella determinazione del reddito mensile e verrà pertanto rientrerà nell’imponibile previdenziale che fiscali.

Della quota invece esente verrà data evidenza unicamente figurativa in busta paga.

È bene ricordare che l’importo del valore nominale del ticket che eccede i suddetti limiti, costituisce retribuzione imponibile ma non può essere considerato assorbibile dalla franchigia di 258,23 euro stabilita su base annua per i beni ceduti e i servizi prestati dal datore di lavoro, i c.d. fringe benefit.

L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 26/E/2010, in riposta ai quesiti presentati in occasione del Forum lavoro del 17 marzo 2010 in materia di lavoro dipendente ha chiarito infatti che: “per quanto concerne le prestazioni sostitutive di mensa aziendale erogate sotto forma di ticket restaurant, l’articolo 51, comma 2, del Tuir, stabilisce che le stesse fino a 5,29 euro (ora a 4 oppure 8 euro in base alla tipologia di buono pasto) sono escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente dei lavoratori assegnatari, verificando tale limite rispetto al loro valore nominale. L’evidenziazione del valore nominale porta, quindi, a ritenere che i ticket restaurant non costituiscano erogazioni in natura. L’importo del loro valore nominale che eccede il limite di 5,29 euro (ora 4 oppure 8 euro) non può, pertanto, essere considerato assorbibile dalla franchigia di esenzione prevista dal comma 3 dell’art. 51 e, quindi, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente

Si tratta pertanto di importo assimilato a un compenso “in denaro” e non in natura, motivo per cui non trova applicazione la non imponibilità fino al limite di 258 euro annui dell’eccedenza rispetto al limite di esenzione specifica fino a 4/8 euro.

Infine, i buoni pasto erogati da un’azienda in favore dei propri dipendenti per esigenze diverse da quelle alimentari, hanno natura retributiva e, pertanto, sono interamente imponibili ai fini contributivi. Ha stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 460/2020.

L’Agenzia delle entrate è inoltre intervenuta per chiarire l’utilizzo dei buoni pasto in smart working e lo ha fatto con la risposta a interpello n. 123/E/2021 con la quale ha chiarito che anche in caso di erogazione di buoni pasto ai lavoratori agili, gli stessi non concorrono alla formazione del reddito, potendo godere del medesimo regime di esenzione.

I buoni pasto risultano quindi:

a) interamente deducibili per il datore di lavoro;

b) esenti da imposte e contributi per il dipendente entro il limite massimo di:

− 4 euro se forniti in formato cartaceo;

− 8 euro se forniti in formato elettronico;

− l’eventuale maggiore valore è invece assoggettato a contribuzione e ritenute fiscali venendo ricompreso nella determinazione del reddito;

− si applica la medesima esenzione anche in smart working.

Qualora il datore di lavoro opti invece per una erogazione in denaro finalizzata alla corresponsione del pasto, più precisamente riconosca una somma fissa come contributo pasto, tale somma risulterà completamente imponibile e rientrante nella base reddituale.

A questo principio generale vi sono alcune eccezioni, nei casi di erogazione di un’indennità sostitutiva di mensa, purché sussistano specifiche condizioni.

L’erogazione in denaro di un’indennità sostitutiva di mensa è esclusa dalla retribuzione imponibile fino a 5,29 euro per giorno lavorato soltanto nelle ipotesi in cui venga corrisposta agli addetti a cantieri edili, ad altra struttura lavorativa a carattere temporaneo o a unità produttive ubicate in zone prive di strutture o servizi di ristorazione.

Al di fuori di questi casi non è ammessa esenzione per la monetizzazione del servizio mensa.

Con riguardo a tali unità produttive, il beneficio ricorre quando in capo ai lavoratori sussistono contemporaneamente alcune condizioni chiarite dalla circolare Inps n. 84/2000 che riprendendo la risoluzione n. 41/E/2000 indica i criteri di carattere generale per individuare le “unità produttive ubicate in zone ove manchino strutture o servizi di ristorazione“.

La risoluzione richiamata stabilisce che l’esclusione della indennità sostitutiva di mensa dal reddito imponibile “dell’importo fino a L. 10.240” ora 5,29 euro, opera per i lavoratori che si trovano nelle seguenti condizioni:

  • orario di lavoro che comprenda la “pausa pranzo“;
  • lavoro stabile presso una unità produttiva;
  • unità produttiva che non consenta di recarsi, senza l’utilizzo di mezzi di trasporto, a un luogo di ristorazione.

La tematica è stata nuovamente ripresa dalla risoluzione n. 118/E/2006 in risposta a un interpello.

Le condizioni che è necessario attualmente rispettare si possono sintetizzare come di seguito:

  • appartenenza a un’unità produttiva, escludendo quindi i dipendenti che non sono stabilmente assegnati a un’unità intesa come sede di lavoro;
  • ubicazione dell’unità produttiva in un luogo che, in relazione al periodo di pausa concesso per il pasto, non consente di recarsi, senza l’utilizzo di mezzi di trasporto, al più vicino luogo di ristorazione per l’utilizzo di buoni pasto.

Rispetto all’adozione di un orario di lavoro che comporti la pausa per il vitto, rimarrebbero esclusi tutti i dipendenti ai quali viene attribuita un’indennità sostitutiva di mensa proprio in relazione alla particolare articolazione dell’orario di lavoro che non consente di fruire della pausa per il pasto. Sul punto però, con la richiamata risoluzione n. 118/E/2006, l’Agenzia delle entrate ha invece stabilito che l’agevolazione si applica anche quando l’articolazione dell’orario di lavoro non prevede il diritto alla pausa per il pasto.

Terminiamo la trattazione con un riferimento ai lavoratori marittimi.

Gode dell’esenzione fino a 5,29 euro per ogni giorno di lavoro anche l’indennità di panatica prevista per i lavoratori marittimi.

L’armatore ha infatti l’obbligo di fornire il vitto, ossia la c.d. panatica, oltre che l’alloggio, a bordo delle navi. L’indennità di panatica può essere corrisposta in sostituzione del trattamento di bordo.

Di seguito, una tabella riassuntiva del regime di imponibilità previsto per tutte le casistiche analizzate di somministrazione di pasto o prestazioni sostitutive del servizio mensa.

Casistica Imponibilità
Corresponsione in denaro di un contributo pasto
Somministrazione di vitto da parte del datore di lavoro No
Somministrazione di pasti in mense gestite dal datore di lavoro o affidate a un terzo o in convenzione (mense diffuse) No
Buoni pasto cartacei No fino a 4 euro per ogni giornata di lavoro (anche in smart working)
Buoni pasto elettronici No fino a 8 euro per ogni giornata di lavoro (anche in smart working)
L’erogazione in denaro di un’indennità sostitutiva corrisposta agli addetti a cantieri edili, ad altra struttura lavorativa a carattere temporaneo o a unità produttive ubicate in zone prive di strutture o servizi di ristorazione No fino a 5,29 euro al giorno per ogni giornata di lavoro
Indennità di panatica per i marittimi No fino a 5,29 euro al giorno per ogni giornata di lavoro

 

La gestione della mensa e delle relative indennità sostitutive previste nell’edilizia ma non solo

I contratti collettivi nazionali dell’industria e dell’artigianato edile demandano agli accordi locali la regolamentazione dei servizi di mensa.

Seppur istituiti in ogni provincia con importi e condizioni diverse, i relativi trattamenti, sono soggetti alle medesime regole di imponibilità contributiva e fiscale pocanzi descritte.

Elenchiamo e analizziamo di seguito le casistiche più comuni e i relativi trattamenti del settore.

Capita spesso che il pagamento dei pasti avvenga direttamente da parte dell’azienda datrice di lavoro con fattura emessa dal ristorante all’azienda stessa. In questi casi il lavoratore non sostiene alcun costo e il valore del pasto non verrà pertanto evidenziato in busta paga, né assoggettato a contributi o a prelievo fiscale, ma l’importo verrà fatturato direttamente all’azienda datrice di lavoro.

In alcuni casi il datore di lavoro opta invece per il rimborso a piè di lista del pasto che viene anticipatamente pagato dal dipendente. Di questo viene invece data evidenza in busta paga e l’importo anticipato viene rimborsato così al lavoratore. In tale ipotesi si tratta di un importo esente da contributi e da Irpef.

In altre situazioni, ad esempio quando si tratta di cantieri particolarmente lunghi, l’azienda può decidere di sottoscrivere una convenzione con ristoranti, trattorie o mense.

Come già ampiamente trattato, questa fattispecie, ossia la convenzione che l’azienda eventualmente stipula con un ristorante esterno, rientra nel gruppo dei servizi totalmente esclusi dal reddito di lavoro dipendente.

Tali prime 3 ipotesi non sono di certo esclusiva del settore edile, ma in uso con le medesime regole anche per altri settori, con una maggiore frequenza per quelli che richiedono una prestazione lavorativa al di fuori della sede aziendale.

Infine, per quanto concerne il pagamento di indennità di mensa di importo variabile, tale corresponsione il cui importo varia in relazione alla distanza del cantiere dalla sede dell’azienda, sostituisce il pagamento diretto del pasto da parte del datore di lavoro o il rimborso.

L’indennità sarà pertanto esente da contributi e Irpef fino al limite di 5,29 euro giornalieri quando è corrisposta agli addetti ai cantieri edili e ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo oppure agli addetti a unità produttive ubicate in zone ove manchino strutture o servizi di ristorazione.

Rientrano nella fattispecie delle prestazioni sostitutive i buoni pasto anche i ticket restaurant con i limiti di esenzione fiscali e contributive viste di 4 euro per i buoni cartacei, che si eleva a 8 per quelli elettronici.

Welfare aziendale e politiche retributive