9 Ottobre 2025

Trasfertisti e imponibile contributivo: alternatività tra i regimi dei commi 5 e 6 dell’art. 51, TUIR

di Luca Vannoni Scarica in PDF

Con l’ordinanza n. 24148 del 28 agosto 2025, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sull’inquadramento fiscale e contributivo delle somme corrisposte ai c.d. lavoratori trasfertisti, precisando che non possono essere considerati esenti, nemmeno parzialmente, i rimborsi spese riferiti a vitto e alloggio erogati a tali soggetti.

La pronuncia si inserisce nel solco tracciato dalle Sezioni Unite n. 27093/2017, confermando una linea interpretativa ormai stabile, ma ancora di grande rilevanza applicativa per le imprese che impiegano personale in mobilità costante.

La controversia origina dal ricorso proposto da una società del settore del montaggio industriale contro un verbale ispettivo INPS relativo all’anno 2017.

L’Istituto aveva contestato omissioni contributive derivanti dalla mancata inclusione, nella base imponibile, delle somme sostenute dall’azienda per vitto, alloggio e spese di trasferta dei lavoratori inviati presso cantieri esterni.

Secondo l’INPS, tali importi dovevano essere integralmente assoggettati a contribuzione, in quanto i dipendenti in questione dovevano qualificarsi come trasfertisti abituali e non come lavoratori in trasferta occasionale: conseguentemente, trovava applicazione il regime dell’art. 51, comma 6, TUIR, che prevede l’imponibilità del 50% dell’indennità corrisposta.

La società ricorrente riteneva, invece, che le spese di vitto e alloggio erano sostenute direttamente dall’impresa — tramite carte aziendali — e non costituivano, quindi, compenso in natura o rimborso a favore del lavoratore. Si trattava, a suo dire, di costi aziendali funzionali all’attività produttiva, estranei al reddito imponibile e al calcolo dei contributi.

Sia il Tribunale di Forlì sia la Corte d’Appello di Bologna avevano rigettato le tesi difensive della società, confermando la validità della pretesa contributiva dell’INPS.

I giudici territoriali avevano accertato che i lavoratori erano stabilmente impiegati in cantieri situati fuori dal territorio comunale, in alcuni casi anche all’estero, e che percepivano un’indennità di trasfertista di importo fisso mensile, iscritta nel LUL.

Da ciò derivava che ricorrevano le 3 condizioni individuate dall’art. 7-quinquies, D.L. n. 193/2016:

  1. assenza dell’indicazione della sede di lavoro nel contratto;
  2. svolgimento di un’attività che richiede mobilità continua;
  3. corresponsione di un’indennità fissa, indipendente dall’effettivo svolgimento della trasferta.

In presenza di tali requisiti, il trattamento fiscale e contributivo applicabile è quello dell’art. 51, comma 6, TUIR, che costituisce una disciplina speciale e alternativa rispetto a quella delle trasferte occasionali di cui al comma 5.

Pertanto, la Corte d’Appello aveva correttamente escluso la possibilità di cumulare i 2 regimi e aveva ritenuto imponibili anche le spese di vitto, alloggio e trasporto sostenute direttamente dall’azienda.

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dopo aver ricostruito con chiarezza il quadro normativo di riferimento.

L’art. 51, comma 5, TUIR, disciplina le trasferte o missioni fuori dal territorio comunale, consentendo l’esclusione dal reddito dei rimborsi documentati relativi a vitto, alloggio, viaggio e trasporto, entro determinati limiti giornalieri. Si tratta di una previsione destinata alle trasferte occasionali, legate a esigenze temporanee del datore di lavoro.

Il comma 6, invece, riguarda i lavoratori “tenuti per contratto” a svolgere la propria attività in luoghi sempre variabili e diversi, prevedendo che le indennità o maggiorazioni di retribuzione corrisposte con carattere di continuità concorrano a formare il reddito nella misura del 50%.

Il Legislatore, con l’art. 7-quinquies, D.L. n. 193/2016, ha chiarito in via interpretativa che tale regime si applica solo se sussistono congiuntamente i 3 requisiti sopra ricordati. In caso contrario, trova applicazione la disciplina del comma 5.

Di conseguenza, il regime dei trasfertisti non consente l’esenzione totale dei rimborsi spese, poiché la tassazione ridotta al 50% costituisce già una forma di agevolazione fiscale e contributiva. Consentire ulteriori esclusioni, osserva la Corte, significherebbe duplicare i benefici e svuotare di contenuto la ratio della norma.

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