18 Settembre 2025

Salute e sicurezza: rischi legati alle punture da imenotteri e prevenzione

di Redazione Scarica in PDF

L’INAIL, nell’informativa a cura della Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza “Punture da imenotteri conosciamo la portata del fenomeno?”, pubblicata in data 2 settembre 2025, ha analizzato il rischio occupazionale delle reazioni da punture di imenotteri (api, vespe, calabroni, ecc.) per alcune categorie di lavoratori che svolgono attività all’aperto e/o in aree rurali.

L’aumento delle temperature ha favorito la diffusione in Italia di specie aliene, come Vespa orientalis e Vespa velutina, caratterizzate da aggressività, abitudini gregarie e tendenza predatoria verso le api, con rischi per la salute e per l’apicoltura. Il loro comportamento, la capacità di pungere ripetutamente e l’elevata prolificità le rendono un rischio concreto per chi lavora in ambienti rurali o urbani all’aperto. Il veleno degli imenotteri può causare reazioni locali, sistemiche o anafilattiche. La risposta del corpo varia in base a fattori come la quantità di veleno inoculata, il numero di punture, la sensibilizzazione del soggetto e l’età o la presenza di patologie pregresse.
Il veleno di api e vespe contiene, infatti, allergeni in grado di determinare reazioni locali o sistemiche, fino allo shock anafilattico, che rappresenta la principale causa di decesso, con quadri clinici atipici e multiorgano. La potenza immunogenica del veleno delle vespe è superiore a quella delle api, con soglie di dose più basse per provocare reazioni.

Secondo i dati raccolti dall’INAIL, tra il 2006 e il 2022 sono stati registrati 36 casi mortali correlati a punture da imenotteri durante l’attività lavorativa, oltre a numerosi casi con postumi invalidanti. I casi mortali sono conseguenti a shock anafilattico, spesso insorto a pochi minuti dalla puntura.
Le categorie professionali più a rischio svolgono attività in ambienti esterni o in contatto con alimenti che attraggono gli insetti: apicoltori, agricoltori, muratori, operatori ecologici, giardinieri, vigili del fuoco e lavoratori del settore alimentare.
Si registra anche una casistica di eventi infortunistici indirettamente legati al fenomeno, con conseguenze non fatali dovute, per esempio, a cadute da mezzi agricoli causate da reazioni improvvise alle punture.

Le punture da imenotteri non sono espressamente riconosciute come rischio biologico nel D.Lgs. n. 81/2008, Titolo X, ma l’art. 28, T.U., impone al datore di lavoro di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza: le reazioni al veleno da imenotteri rientrano, infatti, nella casistica INAIL delle malattie-infortunio denunciate e riconosciute, pertanto sono eventi tutelati assicurativamente, anche se non sempre denunciati, il che suggerisce una sottostima del fenomeno. In media si registrano in Italia 2 casi mortali l’anno per punture di imenotteri, circa uno ogni 500 infortuni mortali sul lavoro.

L’informativa offre indicazioni specifiche ai datori di lavoro a fini preventivi, precisando che dal 2021 alcune di queste misure, se attuate, sono riconosciute dall’INAIL come migliorative delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro e, pertanto, valide ai fini della riduzione del tasso medio per la prevenzione dei rischi (OT23):

  • effettuare la valutazione del rischio da punture da imenotteri, particolarmente in presenza di lavorazioni outdoor;
  • fornire formazione e informazione ai lavoratori sul rischio specifico e le misure di prevenzione e protezione da adottare;
  • nelle attività di sorveglianza sanitaria, individuazione, da parte del medico competente, dei lavoratori allergici tra gli addetti ad attività a rischio;
  • messa a disposizione sul posto di lavoro di farmaci per l’autoterapia di urgenza e il follow up dei soggetti allergici;
  • raccomandazione che le attività a rischio non siano, se possibile, condotte in solitario;
  • per le attività in solitario, come spesso si verifica in alcune lavorazioni agricole e forestali, prevedere possibilmente sistemi di allerta per i lavoratori nei confronti di persone o strutture di riferimento;
  • fornitura di indumenti di lavoro o DPI idonei alla protezione dei lavoratori, disincentivando comportamenti inadeguati rispetto alla tipologia di rischio a cui essi sono esposti (ad es. il
    lavoro a “torso nudo”);
  • istruzioni, procedure e percorsi di addestramento per personale laico al pronto intervento post puntura sia per autosomministrazione che per somministrazione immediata del farmaco. Ciò al fine di prevenire l’insorgenza di shock anafilattico, che rappresenta la quasi esclusiva causa di decesso per questa tipologia di evento, considerata la brevissima latenza che intercorre tra l’inoculazione del veleno da parte dell’insetto pungitore e la manifestazione clinica delle reazioni avverse, soprattutto in soggetti già sensibilizzati e allergici.
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