30 Novembre 2022

Decreto Aiuti-quater: nuova soglia dei benefit esenti

di Paolo Bonini

Il D.L. 176/2022, pubblicato in G.U. il 18 novembre 2022 ed entrato in vigore il giorno successivo, innalza nuuovamente la soglia di esenzione dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori prevista dall’articolo 51, comma 3, Tuir. La misura si applica ai redditi prodotti nell’anno 2022.

 

Da Aiuti-bis ad Aiuti-quater

L’articolo 3, comma 10, D.L. 176/2022 (Aiuti-quater), modificando l’articolo 12, comma 1, D.L. 115/2022 (Aiuti-bis), innalza la soglia dei benefit esenti da 600 a 3.000 euro, limitatamente all’anno d’imposta 2022.

Come noto, la misura si inscrive nell’ambito degli interventi volti a fronteggiare il c.d. “caro bollette”. Il Decreto Aiuti-bis, infatti, oltre all’innalzamento della soglia ordinaria di 258,23 euro, stabilita dall’articolo 51, comma 3, Tuir, ha previsto l’estensione della misura anche alle somme erogate o rimborsate per il pagamento di utenze domestiche, in particolare quelle relative all’energia elettrica, al gas naturale e al servizio idrico. La modifica apportata dal Decreto Aiuti-quater lascia sostanzialmente invariata la disciplina, limitandosi a un ulteriore innalzamento della soglia. La specificazione relativa alla “prima parte del terzo periodo” dell’articolo 51, comma 3, Tuir, inserita dallo stesso articolo 3, comma 10, D.L. 176/2022, non ha, infatti, implicazioni pratiche, se non per facilitare l’individuazione della norma oggetto di deroga.

Restano, quindi, applicabili le istruzioni fornite dall’Agenzia delle entrate con la recente circolare n. 35/E/2022.

Sono destinatari della misura i titolari di reddito da lavoro dipendente e assimilati ai quali si applica il regime di determinazione del reddito contenuto nell’articolo 51, Tuir.

Stante il mancato richiamo all’articolo 51, comma 2, Tuir, che disciplina il regime fiscale delle tipologie di benefit ivi stesso individuati e tenuti esenti in base al fondamentale presupposto che gli stessi siano offerti alla “generalità” o a “categorie omogenee” di dipendenti, è possibile l’erogazione ad personam.

Ai sensi dell’articolo 51, comma 3, Tuir, i beni e servizi prestati rientrano nella soglia di esenzione anche qualora destinati al coniuge o ai familiari individuati dall’articolo 12, Tuir.

Sono compresi, naturalmente, non solo i benefit direttamente erogati dal datore di lavoro, ma anche quelli messi a disposizione dallo stesso per il tramite di fornitori terzi.

La circolare n. 35/E/2022 ha chiarito che la soglia, ora pari a 3.000 euro, non opera come franchigia: al superamento della stessa, l’ammontare complessivo dei benefit deve essere riportato a tassazione (nonché, in ossequio al principio di armonizzazione delle basi imponibili, a contribuzione previdenziale).

Per l’Agenzia, infatti, la deroga operata dal Decreto Aiuti-bis non investe in toto l’articolo 51, comma 3, Tuir, che resta la norma di riferimento in materia, ma riguarda, appunto, solo la soglia di esenzione e l’estensione della disciplina alle “bollette”.

 

Utenze domestiche

L’Agenzia delle entrate ha anche chiarito le modalità e i requisiti richiesti per procedere all’erogazione o al rimborso relativo alle spese per le utenze domestiche, come segue:

  • i rimborsi potranno riguardare anche fatture da emettere nel 2023, purché relative a consumi effettuati nell’anno 2022 e a condizione che il rimborso avvenga entro il 12 gennaio 2022, in applicazione del c.d. principio di cassa allargato;
  • le utenze devono essere relative a immobili a uso abitativo, posseduti o “detenuti in base ad un titolo idoneo” (ad esempio, in locazione);
  • il soggetto che detiene l’immobile dev’essere il dipendente oppure il coniuge o un altro familiare individuato dall’articolo 12, Tuir, a prescindere dalla circostanza che questi ultimi vi abbiano fissato la residenza o il domicilio, ma a condizione, naturalmente, che “abbiano effettivamente sostenuto le relative spese”;
  • le utenze possono essere rimborsate anche se intestate al condominio, per la quota parte rimasta a carico del singolo condomino;
  • laddove l’immobile sia concesso in locazione e le utenze siano intestate al proprietario, il rimborso sarà possibile solo a condizione che il contratto di locazione preveda il riaddebito in forma analitica (non forfetaria) al conduttore dell’immobile (il lavoratore o i suoi familiari, alle medesime condizioni di cui sopra); nel caso in cui il locatore sia anche lavoratore dipendente, ovviamente non potrà fruire del regime agevolato per le spese relative alle utenze che gli siano state rimborsate dal conduttore;
  • il datore di lavoro sarà tenuto al controllo del non superamento del limite di esenzione e, anche ai fini di eventuali controlli, all’acquisizione e conservazione della documentazione, nel rispetto della regolamentazione in materia di privacy;
  • in alternativa, potrà essere acquisita un’autocertificazione redatta ai sensi del D.P.R. 445/2000, in cui il lavoratore attesti di essere in possesso della documentazione comprovante il pagamento delle utenze, riportandone gli estremi, quali numero e intestatario della fattura, data e modalità di pagamento, tipologia di utenza; nel caso in cui l’intestatario dell’utenza non sia il lavoratore stesso, l’autocertificazione dovrà riportare il tipo di rapporto tra loro intercorrente (familiare, locatario, etc.); tale giustificativo potrà essere riferito anche a più fatture;
  • è comunque sempre necessaria un’autocertificazione in cui il lavoratore attesti che le fatture non siano già state oggetto di richiesta di rimborso, avanzata allo stesso o ad altro datore di lavoro.

 

Bonus carburante

L’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 35/E/2022, si è espressa anche sul rapporto tra la soglia dei 600 euro (ora 3.000) e il bonus carburante di 200 euro, introdotto dall’articolo 2, D.L. 21/2022, modificando in parte quanto affermato in proposito nella precedente circolare n. 27/E/2022.

Innanzitutto, l’Agenzia ribadisce comunque che l’agevolazione relativa ai buoni carburante è da considerarsi “diversa e autonoma” da quella relativa a benefit e bollette introdotta dal Decreto Aiuti-bis e ora modificata dal Decreto Aiuti-quater; pertanto, nel periodo d’imposta 2022, potranno essere erogati, in esenzione:

  • fino a 200 euro in buoni benzina;
  • fino a 3.000 euro in rimborso di utenze o altri benefit, compresi eventuali ulteriori buoni benzina.

Tuttavia, per espressa previsione della norma, anche l’agevolazione relativa al bonus benzina è riconducibile, quanto al suo “funzionamento”, all’articolo 51, comma 3, Tuir. Pertanto, qualora il valore dei buoni benzina superi i 200 euro, l’intero ammontare dei buoni stessi dovrà essere assoggettato a tassazione e contribuzione.

In realtà, come già esemplificato nella circolare n. 27/E/2022, l’eventuale superamento del valore di 200 euro in buoni benzina non comporta automaticamente che tale valore sia interamente soggetto a tassazione: “Nel caso in cui un lavoratore dipendente benefici, nell’anno d’imposta 2022, di buoni benzina per euro 100 e di altri benefit (diversi dai buoni benzina) per un valore pari ad euro 300 [valore superiore a 258,23 euro, ricordando che la circolare è precedente ai Decreti Aiuti-bis e Aiuti-quater che hanno innalzato la soglia, ndA], quest’ultima somma sarà interamente sottoposta a tassazione ordinaria. Di contro, se il valore dei buoni benzina è pari ad euro 250 e quello degli altri benefit è pari ad euro 200, l’intera somma di euro 450 non concorre alla formazione del reddito del lavoratore dipendente, poiché l’eccedenza di euro 50 relativa ai buoni benzina confluisce nell’importo ancora capiente degli altri benefit di cui all’articolo 51, comma 3, del TUIR”.

In altre parole, l’ammontare esente nell’anno 2022 può essere pari a 3.200 euro, a condizione che almeno 200 euro siano erogati sotto forma di buoni benzina.

Ciò che, invece, la circolare n. 35/E/2022 interviene a “correggere” rispetto alla circolare n. 27/E/2022 riguarda il trattamento dei buoni benzina e degli atri eventuali benefit che siano percepiti in sostituzione del premio di risultato derivante dalla contrattazione di secondo livello. Inizialmente, l’Agenzia ha affermato che in tal caso, al superamento delle soglie di esenzione, i relativi importi sarebbero comunque soggetti all’imposta sostitutiva del 10%, riservata, appunto, ai premi di risultato.

Con la circolare n. 35/E/2022, invece, l’Agenzia dichiara che tale determinazione deve ritenersi superata, poiché la riconduzione a tassazione ordinaria dei benefit al superamento delle soglie di esenzione è “regola di carattere generale … applicabile anche quando il lavoratore abbia scelto la sostituzione dei premi di risultato con il bonus in parola e/o con i fringe benefit”.
Tale lettura non appare del tutto convincente.

Il trattamento fiscale dei valori percepiti in sostituzione dei premi di risultato è regolato dall’articolo 1, comma 184, L. 208/2015: “184. Le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 [ossia, dei premi di risultato variabile, ndA]”.

Le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 sono per natura esenti, nel rispetto dei limiti indicati. La norma citata ci informa del fatto che lo stesso regime si applica alle stesse somme e valori “anche” quando il lavoratore ne fruisca (per sua scelta, prevista nell’accordo istitutivo del premio) in sostituzione del premio di risultato, e che, perciò, gli stessi non saranno soggetti all’imposta sostitutiva. Si tratta di una norma che intende promuovere e agevolare la contrattazione di secondo livello e, in questo ambito, la diffusione di pratiche di welfare. Il premio, di nuovo, “per sua natura”, è tassato al 10%, ma se è percepito in forma di benefit non è tassato, nel rispetto dei limiti di esenzione previsti dalle norme che già riguardano le singole categorie di benefit. In questo senso, il richiamo “ai limiti ivi indicati” serve a individuare la soglia di esenzione (non l’aliquota…), ossia la quantità di premio convertibile, oltre la quale non vi è esenzione da imposta.

Sostenere che il superamento della soglia comporti l’applicazione della tassazione ordinaria, anche laddove vi siano ancora margini per la detassazione[1], oltre a contraddire lo spirito promozionale della norma, sembra comportare un salto logico (che non si rinviene nella norma), in base al quale, con la conversione in benefit, il premio perde la sua natura di premio e acquisisce la natura di retribuzione ordinaria.

In breve:

  • la retribuzione ordinaria, in quanto tale, è ordinariamente tassata;
  • i benefit, in quanto tali, sono esenti entro limiti determinati;
  • il premio variabile, in quanto tale, è tassato al 10%.

Perché il premio percepito sotto forma di benefit, al superamento della soglia, non dovrebbe più essere trattato come premio?

A ogni modo, è opportuno rilevare come si tratti di un’ipotesi più che altro teorica:

  • per l’anno 2022 la soglia di 3.000 euro introdotta dal Decreto Aiuti-quater può interamente assorbire il premio di risultato detassabile, pari anch’esso al valore massimo di 3.000 euro;
  • ma anche qualora si tornasse “a regime” dal 2023, un accordo di secondo livello che preveda la sostituibilità del premio oltre le soglie di esenzione non presenterebbe alcuna convenienza economica nemmeno nell’ipotesi in cui si ritenesse applicabile l’imposta sostitutiva del 10%; in tal caso, infatti, evidentemente, si avrebbe il medesimo prelievo fiscale e contributivo riservato al premio monetario.

 

Aspetti operativi

A prescindere dall’effettiva volontà dei datori di lavoro di offrire ai lavoratori nuove e ulteriori erogazioni rispetto a quanto già definito nei loro piani retributivi, è evidente che le nuove misure dovranno essere tenute in conto, quantomeno in sede di conguaglio fiscale, laddove siano già stati erogati benefit di valore superiore a 258,23 euro e, perciò, assoggettati a prelievo fiscale e previdenziale nei mesi scorsi.

Tra i benefit possibili annoveriamo, oltre al rimborso delle utenze e ai buoni carburante, anche buoni spesa, beni prodotti dall’azienda stessa o reperiti sul mercato (ad esempio, regali natalizi), personal computer o telefoni cellulari in uso promiscuo, etc.. Ma vi rientrano anche i particolari benefit di cui all’articolo 51, comma 4, Tuir:

  • autovetture concesse in uso promiscuo;
  • fabbricati concessi a uso abitativo;
  • concessione di prestiti;
  • servizi di trasporto ferroviario prestati gratuitamente.

Per queste categorie di benefit, il trattamento previsto dal citato comma 4 (determinazione forfetaria del reddito imponibile, secondo regole specifiche per ciascun benefit) si applica laddove i valori superino le soglie di cui al comma 3, che ora ammontano a 3.000 euro.

Il caso più frequente, con ogni probabilità, è quello delle auto concesse in uso promiscuo, che, dato l’innalzamento della soglia, potrebbero dover essere tenute esenti per l’intero valore come determinato in base alle tabelle Aci.

Occorre, poi, ricordare, come l’Agenzia non ha mancato di fare nei documenti di prassi qui citati, che anche ai benefit si applica il c.d. criterio di cassa allargato, in virtù del quale si considerano percepiti nel periodo d’imposta le somme e i valori che entrino nella disponibilità patrimoniale del lavoratore entro il 12 gennaio dell’anno successivo. In particolare, per quanto riguarda i benefit erogati per mezzo di buoni o voucher, il relativo valore si considera percepito nel momento in cui il benefit è messo a disposizione e reso utilizzabile, a prescindere dalla circostanza che il lavoratore decida di “spendere” il voucher in un momento successivo. Nel caso in cui il voucher sia messo a disposizione per il tramite di piattaforme informatiche, lo stesso si considera percepito nel momento in cui il lavoratore esercita la relativa opzione.

[1] Il premio di risultato variabile, come noto, è soggetto a imposta sostitutiva del 10% nel limite di 3.000 euro annui.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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