19 Ottobre 2016

Detassazione: l’accordo interconfederale 14 luglio 2016

di Andrea MelchiorriMaria Magri

 

Con l’accordo interconfederale 14 luglio 2016, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno definito le modalità per consentire alle imprese prive di una rappresentanza in azienda di accedere all’incentivo fiscale che la Legge di Stabilità per il 2016 (l. 208/2015) prevede a favore dei premi di risultato (c.d. detassazione).

L’accordo è interessante non solo per la sua finalità, che vede potenzialmente coinvolta una vasta platea di imprese, ma anche per le sue modalità di attuazione, che si inseriscono nel più ampio quadro degli assetti e degli obiettivi della contrattazione collettiva, definiti, da ultimo, dal Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014.

È bene fin d’ora premettere che dall’analisi dell’accordo emerge lo sforzo di costruire una soluzione tecnica in grado di garantire un’ampia diffusione dell’agevolazione fiscale senza, tuttavia, compromettere la possibilità per le singole imprese di definire il premio di risultato più idoneo a perseguire i propri specifici obiettivi di produttività.

 

La struttura dell’accordo interconfederale

L’analisi dell’accordo non può che partire dalla sua struttura. Sotto questo profilo la scelta operata dalle parti contraenti si pone in linea di continuità con quanto già accaduto con i precedenti accordi interconfederali in materia di detassazione.

L’accordo interconfederale vero e proprio si compone, infatti, di pochi paragrafi, volti prevalentemente a introdurre un modello di accordo quadro territoriale che, a ben vedere, costituisce l’elemento qualificante dell’accordo.

Il recepimento a livello territoriale del modello allegato all’accordo interconfederale è volto a soddisfare il requisito previsto dalla disciplina contenuta nella Legge di Stabilità per il 2016, che, analogamente a quanto accadeva nella disciplina prevista negli anni precedenti, riserva il beneficio dell’aliquota sostitutiva ai c.d. contratti di secondo livello, ovvero aziendali o territoriali.

È allora chiaro che la parte più innovativa dell’accordo interconfederale è rappresentata dal modello di accordo quadro territoriale, al quale è demandato il compito di soddisfare i nuovi e più stringenti requisiti previsti dalla disciplina della detassazione.

La Legge di Stabilità per il 2016, infatti, supera il precedente modello di una “detassazione” che abbia ad oggetto una pluralità di forme di “retribuzione di produttività” per riservare il beneficio fiscale dell’aliquota sostitutiva ai soli premi di risultato.

Proprio per questo motivo, il modello di accordo territoriale allegato all’accordo interconfederale del 14 luglio 2016 è molto diverso da quello adottato negli anni precedenti e ha l’obiettivo di favorire l’adozione di premi di risultato anche nelle imprese prive di rappresentanza sindacale in azienda. L’accordo territoriale, infatti, si rivolge unicamente a queste aziende, che sono di regola quelle di minori dimensioni, sulla base del presupposto che le aziende nelle quali, invece, è presente la rappresentanza sindacale la strada da percorrere resta quella dell’accordo aziendale.

In altre parole, si vuole favorire nelle aziende prive di rappresentanza la possibilità di adottare un premio di risultato che leghi salario e produttività del lavoro anche grazie all’opportunità rappresentata dall’incentivo fiscale. Per raggiungere questo obiettivo il modello di accordo territoriale prospetta due diversi percorsi, tra loro alternativi.

Entrambi i percorsi, però, sono caratterizzati da un elemento comune. La scelta delle parti è stata quella di non definire i contenuti del premio di risultato, ma di lasciare tale definizione a livello delle singole imprese. Scelta che, con ogni probabilità, è dovuta all’impossibilità di definire un obiettivo di “produttività” comune a una così vasta platea di imprese, preferendo quindi che ciascuna impresa adotti un premio di risultato che sia realmente sfidante e rispondente alla propria realtà aziendale.

 

Il modello di accordo territoriale: il primo percorso

Il primo percorso previsto dal modello di accordo territoriale si rivolge alle imprese aderenti al sistema di rappresentanza di Confindustria ed è prevalentemente teso a cogliere un’opportunità offerta dall’articolo 51, D.Lgs. 81/2015.

Questa disposizione, che è una delle più innovative contenute nel decreto sulle tipologie contrattuali attuativo della delega contenuta nel c.d. Jobs Act (L. 183/2014), ha, per la prima volta nel nostro ordinamento, definito con chiarezza i livelli contrattuali abilitati a esercitare i rinvii che le disposizioni del decreto legislativo fanno alla contrattazione collettiva, nonché soprattutto i soggetti sindacali abilitati alla loro stipulazione. L’importanza in chiave sistematica della norma è certificata dai rinvii operati anche dalla legislazione successiva al disposto dell’articolo 51, D.Lgs. 81/2015, tra cui quello operato dalla medesima Legge di Stabilità per il 2016, all’articolo 1, comma 187.

Proprio il rinvio contenuto nel comma 187 consente di concludere contratti aziendali utili ai fini dell’accesso al beneficio fiscale non solo con le rappresentanze costituite in azienda, ma anche con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Il modello di accordo interconfederale, quindi, è teso a recepire tale possibilità, prevedendo che accordi aziendali istitutivi di premi aziendali detassabili possono essere conclusi tra le imprese e le organizzazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil.

Il primo percorso definito nel modello di accordo territoriale intende, quindi, sottolineare la percorribilità di una possibilità prevista dalla legge, favorendone la percorribilità tanto sul piano sistematico quanto sul piano dell’assistenza associativa offerta alle imprese del sistema Confindustria.

Sul piano sistematico, infatti, questa parte dell’accordo deve essere messa in relazione con le regole sulla contrattazione collettiva contenute nel T.U. rappresentanza del 10 gennaio 2014. Il Testo Unico, infatti, il cui assetto di regole è non a caso richiamato dalle parti nel secondo paragrafo del vero e proprio accordo interconfederale sulla detassazione, riserva in via generale la legittimazione alla contrattazione di livello aziendale alle sole rappresentanze costituite in azienda.

In altre parole, le parti hanno voluto recepire la possibilità offerta dall’articolo 51, D.Lgs. 81/2015, chiarendo che la contrattazione aziendale finalizzata all’introduzione di un premio di risultato può essere svolta, in assenza di rappresentanze costituite in azienda, con le organizzazioni sindacali di categoria.

Infine, il modello di accordo territoriale prevede, in una logica di servizio associativo, che le imprese che intendano usufruire di questo percorso si avvalgano dell’assistenza dell’associazione del sistema Confindustria, a cui aderiscano, che le supporterà nella definizione del proprio accordo aziendale. Ciò anche con l’obiettivo di favorire e garantire che il premio di risultato definito a livello aziendale sia conforme ai requisiti e alle condizioni che la legislazione richiede per potere beneficiare della detassazione.

 

Il modello di accordo territoriale: il secondo percorso e la definizione del premio di risultato

Ben più articolato risulta, invece, il secondo percorso previsto dal modello di accordo interconfederale. In questo caso le parti dell’accordo interconfederale hanno definito un vero e proprio procedimento che l’impresa interessata deve seguire al fine di adottare un premio di risultato e che viene disciplinato dai paragrafi 2 e seguenti del modello di accordo territoriale.

Fermo restando che anche questo secondo percorso si rivolge alle imprese prive di rappresentanza sindacale in azienda, in questo caso l’accordo territoriale apre alla possibilità anche alle imprese non aderenti a Confindustria di avvalersi della procedura, fornendo espresso “mandato” – così la formulazione dell’accordo – alle associazioni del sistema di rappresentanza di Confindustria.

Il modello di accordo territoriale apre, quindi, alla possibilità di avvalersi del procedimento, che si andrà ad analizzare di seguito, anche ad imprese che, ancorché non formalmente associate, si rivolgano all’associazione proprio al fine di avvalersi del procedimento medesimo. Il modello di accordo si limita, peraltro, a prospettare tale possibilità, fermo restando che spetterà poi alle singole associazioni la definizione delle condizioni e delle modalità con le quali le imprese interessate potranno eventualmente avvalersi dell’accordo territoriale.

Venendo, quindi, al merito del procedimento, la procedura definita dal modello di accordo territoriale prende avvio dalla definizione dei contenuti del premio di risultato da parte dell’impresa. Il punto 3 del modello di accordo fornisce, quindi, delle vere e proprie indicazioni operative al fine di agevolare l’impresa nella definizione di un premio che abbia i requisiti previsti dalla disciplina della detassazione.

In particolare, il modello di accordo territoriale invita le imprese ad adottare uno o più indicatori che siano funzionali a misurare l’incremento degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione richiesto dalla normativa. Più precisamente l’accordo invita le imprese ad adottare uno o più dei criteri elencati nella sezione 6 del modello di dichiarazione allegato al D.M. 25 marzo 2016.

Lo stesso modello di accordo territoriale pone però l’accento sulla necessità che tale indicatore sia idoneo a misurare l’effettiva realizzazione della condizione di “incrementalità” degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione che è richiesta dallo stesso D.M. 25 marzo 2016.

Si tratta di una precisazione importante, tanto più che, sempre al punto 3 del modello di accordo territoriale, le parti hanno precisato che tale indicatore deve avere natura numerica ed essere in grado di fondarsi “su idonei riscontri documentali aziendali”. Si tratta, in altre parole, dei requisiti di misurabilità e verificabilità degli indicatori che lo stesso D.M. 25 marzo 2016 richiede.

La ragione per cui il modello di accordo territoriale pone una tale enfasi sui requisiti che devono connotare l’indicatore può forse essere rinvenuta nella circostanza che, a ben vedere, non proprio tutti gli indicatori elencati nella sezione 6 del modello di dichiarazione risultano idonei, di per sé soli, a consentire la misurazione e la verifica dell’“incrementalità” di uno degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione richiesti dalla legge. Si pensi, ad esempio, agli indicatori previsti ai numeri 9), 10) e 11) della sezione 6 – rispettivamente “modifiche organizzazione del lavoro”, “lavoro agile (smart working)” e “modifiche ai regimi di orario” – che non hanno natura numerica e, in quanto tali, non sono in grado di misurare l’eventuale incremento di uno degli obiettivi elencati, ancorché certamente possano contribuire alla loro determinazione e al loro perseguimento.

Infine, il modello di accordo territoriale contiene alcune indicazioni in merito alla determinazione dell’arco di tempo da prendere a riferimento ai fini della verifica della condizione di “incrementalità” dell’obiettivo. L’articolo 2, D.M. 25 marzo 2016, infatti, affida la sua determinazione all’accordo, limitandosi a richiedere che si tratti di un “periodo congruo”. Il modello di accordo territoriale offre un’indicazione aggiuntiva, poiché invita le imprese a valutare, in fase di definizione di tale periodo, un arco di tempo che sia correlato al funzionamento dell’indicatore adottato “anche ai fini della quantificazione del premio aziendale”.

In ogni caso, un indizio a favore dell’identificazione di tale periodo congruo nell’anno può essere rinvenuto nel punto 4 del modello di accordo, sebbene subito dopo si richiami la possibilità di stabilire tale “periodo congruo” in una diversa misura.

Una volta che l’impresa ha così individuato gli elementi essenziali del premio (obiettivo/i, indicatore/i ed il periodo di riferimento), può valutare di adottare anche l’elemento accessorio della possibilità per il lavoratore di trasformare, in tutto o in parte, il premio di risultato eventualmente maturato in prestazioni di welfare aziendale di valore corrispondente.

Si tratta della possibilità prevista dall’articolo 1, comma 184, Legge di Stabilità per il 2016 e che consente al lavoratore di beneficiare di servizi o prestazioni di welfare per un valore maggiore rispetto alla liquidazione del premio in denaro, poiché totalmente esente da oneri fiscali e contributivi. In tal caso l’impresa interessata dovrà individuare un’offerta di beni o servizi di welfare idonea e, per facilitare quest’operazione a imprese che – come detto – sono di regola di minore dimensione, il modello di accordo territoriale contiene al punto 6 un invito alle articolazioni territoriali ad adottare iniziative in materia, che valorizzino da un lato i bisogni espressi dai lavoratori e, dell’altro, l’offerta di welfare presente sul territorio.

 

Il procedimento

Una volta che l’impresa ha così definito il proprio premio di risultato, il modello di accordo territoriale prevede una procedura tesa a fornire una valutazione di conformità del premio e a consentire il monitoraggio dell’iniziativa.

In primo luogo, l’impresa dovrà fornire comunicazione scritta ai propri lavoratori circa l’istituzione del premio.

La comunicazione, che può essere inviata anche in via informatica, deve specificare anche gli elementi caratteristici del premio medesimo. Così, in particolare, il modello di accordo territoriale prevede che essa indichi:

  • la sua struttura e gli indicatori adottati;
  • il periodo temporale di riferimento;
  • la stima del valore annuo medio pro capite (come richiesta dalla dichiarazione telematica prevista dal D.M. 25 marzo 2016);
  • le modalità di corresponsione del premio ivi inclusa la possibilità di convertire il premio in prestazioni di welfare.

La medesima comunicazione deve poi essere trasmessa anche a un apposito comitato, composto da un rappresentante per ciascuna delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali firmatarie dell’accordo territoriale. È proprio a tale comitato che viene rimessa la funzione di controllo e monitoraggio.

Infatti, in primo luogo il comitato ha il compito di effettuare la valutazione di conformità tra la comunicazione trasmessa dall’impresa e i contenuti dell’accordo territoriale. Si viene così a rafforzare il raccordo tra il singolo premio così istituito e l’accordo territoriale.

Il modello di accordo territoriale non si dilunga eccessivamente sul compito della commissione, limitandosi a prevedere che la valutazione di conformità dovrà essere resa entro 10 giorni dalla trasmissione della comunicazione da parte dell’impresa. Con ogni probabilità, tuttavia, ulteriori dettagli sul funzionamento della commissione potranno essere definiti a livello territoriale o in fase di redazione dell’accordo di recepimento ovvero mediante la definizione di un proprio regolamento da parte della commissione medesima.

Compiuto tale adempimento, infatti, il modello di accordo prevede che l’impresa, al termine del periodo di riferimento individuato nella comunicazione, proceda alla valutazione in merito alla sussistenza del requisito dell’“incrementalità” e, conseguentemente, proceda o meno all’erogazione del premio.

In ogni caso, l’impresa è tenuta a comunicare ai lavoratori le risultanze del premio, comunicazione che poi l’impresa dovrà inviare anche alla commissione territoriale.

La commissione svolge, infatti, anche un ruolo di monitoraggio e, in base al punto 11, è tenuta a redigere un rapporto che contenga i dato aggregati degli effetti dell’accordo territoriale. Rapporto che a sua volta la commissione è tenuta a inviare alle parti firmatarie di livello interconfederale.

 

Considerazioni conclusive: possibili sviluppi normativi della detassazione

A seguito di questa disamina dei principali contenuti dell’accordo interconfederale, emerge l’importanza di favorire l’adozione di premi di risultato che leghino salario e produttività anche nelle imprese di minori dimensioni.

Con l’approssimarsi della discussione sulla nuova legge di bilancio, il Governo ha espresso l’intenzione di rafforzare lo scambio salario-produttività, non solo elevando il livello del premio mediamente erogato, ma anche incentivando più imprese a utilizzare queste forme retributive.

Si parla infatti di elevare i 2 parametri che definiscono l’accesso al beneficio e la misura: rispettivamente, il limite di reddito annuo (50.000 euro annui) e il massimale di premio detassato (oggi 2.000 euro annui, 2.500 nel caso di partecipazione paritetica dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro).

Nella stessa direzione sarebbe inoltre opportuno decontribuire – in tutto o in parte – anche il premio erogato in denaro e non solo quello erogato sotto forma di welfare aziendale. Ciò non solo incentiverebbe un maggior numero di imprese a introdurre forme di premialità, ma ridurrebbe anche l’attuale incoerenza del diverso trattamento contributivo tra consumo e risparmio, nonché tra tipi di consumi nell’utilizzo del premio di risultato.

Appare evidente che tutto quanto sopra sconta un’attenta valutazione dei costi per la finanza pubblica.

Welfare aziendale e politiche retributive