8 Marzo 2022

La negoziazione assistita nelle cause di lavoro: una non opportunità

di Evangelista Basile

Con la legge delega 206/2021 per la riforma della giustizia civile, fra le altre cose, si introduce la negoziazione assistita per le cause di lavoro con l’assistenza da parte del rispettivo avvocato e, ove si ritenga utile, anche dei rispettivi consulenti del lavoro. Si tratta, quindi, almeno negli intenti, di un nuovo strumento di deflazione del contenzioso, ampliandosi così le categorie di professionisti legittimati alla sottoscrizione di accordi stragiudiziali validi anche ai sensi dell’articolo 2113, cod. civ..

Ma se sulla carta la riforma può avere degli spunti innovativi (ad esempio, la procedura telematica), nella pratica la negoziazione assistita giuslavoristica rischia di divenire un flop.

In un settore quale quello del diritto del lavoro, è, infatti, difficile pensare che datore di lavoro e lavoratore si rivolgano a un soggetto terzo al fine svolgere un’effettiva mediazione per addivenire a un accordo. Il mondo del lavoro è talmente complesso che è assolutamente normale che un’azienda abbia già i propri consulenti e i propri legali, i quali, a loro volta, hanno contatti che azionano agilmente le c.d. sedi protette classiche. Perché, dunque, una società dovrebbe rivolgersi a un altro avvocato o un altro consulente? E, soprattutto, perché un lavoratore dovrebbe “fidarsi” del professionista scelto anche dalla sua potenziale controparte?

Si badi che, tra le altre cose, già la “tombalità” dei verbali di conciliazione sottoscritti in sede protetta ha subìto nel tempo diversi colpi dalla giurisprudenza, che, sempre più spesso, a determinate condizioni, ha annullato verbali di conciliazione e concesso – di fatto – al lavoratore un “diritto di ripensamento”, il che rende ancor più rischioso un accordo sottoscritto in assenza delle tutele sostanziali previste dall’articolo 2113, cod. civ..

Insomma, i casi in cui si potrebbe far ricorso a un professionista terzo per mediare saranno abbastanza rari: probabilmente limitati a realtà aziendali molto piccole sprovviste di professionisti di fiducia o, di converso, a grandi e affermati professionisti riconoscibili super partes dalla comunità, magari da investire di questioni complesse. Salvo queste ipotesi, la negoziazione assistita rischia di non raggiungere il risultato sperato. Al più, la novità potrà ridursi al fatto di avere una “sede protetta” in più da scegliere, a cui le parti potranno rivolgersi quando hanno già trovato un’intesa conciliativa e devono soltanto verbalizzarla.

Peraltro, un meccanismo di reale negoziazione assistita trova un altro importante ostacolo: il costo. A oggi, infatti, nella maggior parte dei casi le parti trovano un accordo con l’assistenza dei rispettivi professionisti di fiducia e poi vanno alla sottoscrizione del verbale di conciliazione – a costi azzerati – presso gli Ispettorati, oppure spendendo poche decine di euro nelle sedi sindacali, le quali sono ovviamente foraggiate già dai contributi dei lavoratori iscritti.

È evidente che nessun professionista – ci si figuri una figura tale da mettere d’accordo tutti, il che è in tutta probabilità indice di importante carriera – potrebbe mettersi al servizio delle parti, adoperarsi per la mediazione, consentire alle parti di trovare un accordo, redigerne il contenuto e permetterne la sottoscrizione … il tutto a cifre così economiche.

Vedremo se in sede di promulgazione dei decreti delegati il Legislatore deciderà quindi di correggere il tiro.

 

Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.

 

Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:

Diritto del lavoro