5 Febbraio 2020

Problematiche dei mezzi difensivi avverso gli atti ispettivi

di Carmine Santoro

La Legge prevede 2 ricorsi amministrativi avverso i verbali ispettivi in materia di lavoro: il ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro e il ricorso al Direttore dell’ITL. Inoltre, è prevista la possibilità di presentare scritti difensivi e richiesta di audizione.

Tale sistema presenta difetti di coordinamento e coerenza tra i vari strumenti e non appare funzionale a indirizzare efficacemente l’azione ispettiva. Dopo una necessaria premessa sui tratti salienti dei rimedi difensivi, si analizzeranno le criticità segnalate.

 

Scritti difensivi e richiesta di audizione

Gli scritti difensivi costituiscono un momento di contradditorio procedimentale, susseguente all’adozione del verbale unico di accertamento e notificazione (Vuan), di cui all’articolo 13, D.Lgs. 124/2004. Alla stregua del disposto dell’articolo 18, comma 1, L. 689/1981, gli scritti in parola sono atti a iniziativa di parte, diretti ad assicurare il principio del “giusto procedimento”, il quale impone che si tenga conto, ai fini della decisione finale, del punto di vista degli incolpati.

La Legge non pone vincoli al contenuto degli scritti: possono essere avanzate sia doglianze procedimentali e formali, ad esempio relative alla durata del procedimento, sia sostanziali, relativi agli elementi dell’illecito contestato ovvero alla responsabilità dell’incolpato. Gli interessati possono anche limitarsi a chiedere la riduzione degli importi sanzionatori o lo stralcio di taluni fatti, e così via. Il datore di lavoro ha anche facoltà di produrre documenti riguardanti l’oggetto dell’accertamento.

Sul piano procedurale, gli scritti devono essere presentati entro 30 giorni dalla notificazione del verbale unico. Peraltro, nel sistema del Vuan, il termine varia a seconda del contenuto dello stesso verbale: se questo non contempla la diffida a regolarizzare le violazioni, il termine è quello originario di 30 giorni. In caso contrario, il termine risulterà dalla combinazione del termine – inosservato – della diffida, di cui all’articolo 13, D.Lgs. 124/2004, con quello di cui all’articolo 18, L. 689/1981. Secondo la consolidata elaborazione giurisprudenziale, il termine è perentorio e, pertanto, la presentazione intempestiva autorizza l’Amministrazione procedente a prescindere dalle doglianze del trasgressore, senza alcuna illegittimità negli atti successivi del procedimento (Cassazione n. 13677/2006).

Il destinatario del Vuan ha anche facoltà di presentare, entro 30 giorni dal ricevimento dell’atto, richiesta di essere sentito personalmente dall’Autorità competente a ricevere il rapporto di cui all’articolo 17, L. 689/1981. Oltre che tempestiva, la richiesta deve essere incondizionata e inequivoca, non deve cioè contenere limiti, condizioni o formule dubitative, come ad esempio subordinare l’istanza all’eventuale necessità di chiarimenti da parte dell’Amministrazione; ove li contenesse, invero, l’Autorità procedente avrebbe facoltà di prescindere dalla richiesta e di non disporre l’audizione, senza alcuna conseguenza sulla legittimità della sanzione irrogata. Va evidenziato che l’audizione dell’interessato e la relativa convocazione sono ritenuti dalla giurisprudenza interruttivi della prescrizione della potestà punitiva della P.A., in quanto atti idonei a costituire in mora il debitore, ai sensi dell’articolo 2943, cod. civ. (da ultima, Cassazione n. 22388/2018).

 

I ricorsi amministrativi

Il D.Lgs. 149/2015, che istituisce l’INL, ha riformato la disciplina dei ricorsi amministrativi in materia di lavoro e di previdenza.

I novellati articoli 16 e 17, D.Lgs. 124/2004, prevedono 2 mezzi difensivi: il ricorso al Direttore della sede territoriale dell’ITL e il ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro.

 

Ricorso al Capo della sede territoriale dell’ITL

Secondo l’articolo 16, D.Lgs. 124/2004, come riformato dal D.Lgs. 149/2015, gli atti impugnabili con il ricorso ivi citato sono gli “atti di accertamento adottati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di cui all’articolo 13, comma 7”. Tali atti sono i verbali unici adottati dagli organi di Polizia giudiziaria diversi dal personale ispettivo dell’INL, cioè dal personale di Polizia che, a norma dell’articolo 13, D.L. 689/1981, ha il potere di accertare illeciti amministrativi, quand’anche non istituzionalmente preposto alla vigilanza specifica nella materia lavoristica e previdenziale. Per esemplificare, si tratta della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia locale (sulla cui competenza in materia lavoristica si è pronunciato il Tribunale di Milano con sentenza n. 2679/2016) e così via. Tale mezzo difensivo, oltre a svolgere la tradizionale funzione deflativa del contenzioso giurisdizionale, ha un’espressa finalità di indirizzo dell’attività ispettiva del personale extra INL.

L’INL ha affidato la cognizione del ricorso in esame agli Ispettorati territoriali (lettera circolare n. 4/2016), in luogo di quelli interregionali, pur in teoria competenti secondo l’equivoca lettera della Legge. Peraltro, l’esperienza sta tuttora dimostrando la scarsa rilevanza quantitativa del rimedio difensivo presso i singoli Ispettorati territoriali, anche di notevoli dimensioni. Tale contesto rischia di pregiudicare seriamente la citata finalità di indirizzo degli organi accertatori coinvolti; finalità meglio perseguibile, per evidenti motivi di circoscrizione territoriale, presso le sedi interregionali.

Relativamente all’istruttoria, la Legge ha impresso carattere acceleratorio al rimedio, poiché i soli documenti conoscibili dall’ITL sono quelli allegati al ricorso dall’interessato e quelli trasmessi dall’organo ispettivo, con conseguente irrilevanza di qualsiasi altro mezzo istruttorio. Non potranno, quindi, essere accolte eventuali richieste di audizione personale ovvero di escussione di persone informate sui fatti.

La Legge stabilisce che la documentazione accertativa debba essere “tempestivamente” trasmessa dall’organo ispettivo. La disposizione intende sollecitare gli organi esterni all’Ispettorato alla puntuale trasmissione dei documenti rilevanti, al fine di evitare criticità operative che l’esperienza pratica ha, non di rado, evidenziato.

Il termine per la decisione è pari a 60 giorni dal ricevimento del ricorso, decorso il quale è previsto il silenzio-rigetto. Peraltro, va rammentato che, per consolidata giurisprudenza, l’organo giustiziale non perde il potere decisorio sulla fattispecie. Sicché un’eventuale decisione tardiva supera efficacemente il silenzio-rigetto.

Va qui evidenziato che la Legge non contempla limiti di materia per la proposizione del mezzo, che deve pertanto ritenersi, analogamente agli scritti difensivi sopra esaminati, un ricorso a critica libera.

 

Ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro

Il nuovo articolo 17, D.Lgs. 124/2004, prevede il ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro.

La composizione dell’organo contempla la partecipazione del Direttore della sede interregionale dell’Ispettorato e quella dei Direttori regionali degli Istituti previdenziali. Le sedi dell’organo decisorio sono state individuate in quelle degli Ispettorati interregionali e cioè Milano, Venezia, Roma e Napoli (lettera circolare n. 4/2016).

Gli atti gravabili sono “gli atti di accertamento dell’Ispettorato nazionale del lavoro e gli atti di accertamento degli Enti previdenziali e assicurativi che abbiano ad oggetto la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro”.

Quindi, quello in esame è un ricorso a critica vincolata, giacché limitato, nella sua ammissibilità, alle materie della sussistenza e qualificazione dei rapporti di lavoro.

Con la dizione “sussistenza del rapporto di lavoro” si devono intendere quelle questioni in cui il ricorrente afferma l’inesistenza di un rapporto di lavoro ritenuto viceversa esistente dal personale ispettivo; ovvero, al contrario, quelle in cui l’interessato ritiene esistente un rapporto di lavoro considerato fittizio dal personale ispettivo. Come esempi del primo tipo si possono citare la deduzione difensiva di disconoscimento del rapporto di lavoro irregolare che l’organo accertatore ha attribuito al ricorrente, ovvero i casi di incertezza sulla natura del rapporto, perché, ad esempio, si controverte sul lavoro familiare, gratuito, societario, etc.. Come esemplificazioni del secondo tipo, l’ipotesi usuale è data dall’accertamento degli istituti previdenziali di simulazione assoluta del rapporto di lavoro, ad esempio in favore di uno stretto congiunto, al fine di lucrare indebitamente le prestazioni erogate dall’ente. Tuttavia, in merito a quest’ultimo caso, recentemente l’INL ha stabilito l’impossibilità di ricorrere al Comitato e ha preferito affidare l’intera vicenda al giudice penale, configurando essa reati di truffa ai danni dell’Istituto (circolare n. 1/2019).

Relativamente alla seconda categoria di questioni, riguardante la qualificazione dei rapporti, si tratta di tutte quelle ipotesi in cui il personale ispettivo, sulla base delle risultanze accertative afferenti al rapporto lavorativo – pacificamente sussistente – procede alla contestazione di violazioni amministrative, e/o di addebiti contributivi, che presuppongono una determinata qualificazione del rapporto – per lo più in senso subordinato – prescindendo dall’eventuale autoqualificazione delle parti.

Il Ministero del lavoro ha ritenuto che l’oggetto della decisione del Comitato, nelle ipotesi di qualificazione del rapporto di lavoro, sia da intendersi riferito all’individuazione della tipologia contrattuale nella quale devono essere inquadrate le prestazioni lavorative (circolare n. 10/2006).

Circa il profilo procedimentale del ricorso, è previsto per la relativa presentazione il termine di 30 giorni dalla notifica dell’atto; il ricorso va inoltrato alle sedi degli Ispettorati interregionali. Il termine per la decisione è di 90 giorni dal ricevimento dell’atto defensionale, decorso il quale si forma il silenzio-rigetto.

La decisione deve fondarsi esclusivamente sulla documentazione prodotta dal ricorrente e su quella già in possesso dell’Ispettorato. Anche in tale ipotesi, pertanto, valgono le osservazioni sopra esposte, in merito al ricorso e all’articolo 16, D.Lgs. 124/2004, circa l’inammissibilità di incombenti istruttori diversi da quelli previsti.

 

Le criticità del sistema difensivo

Esposti i tratti essenziali dei rimedi difensivi avverso i verbali ispettivi, vanno ora analizzate le difficoltà pratiche cui il complessivo impianto dà luogo, a causa dell’inadeguato coordinamento tra i detti rimedi.

 

Ricorso al Direttore ITL e scritti difensivi

Con riguardo ai rapporti tra articolo 18, L. 689/1981, e articolo 16, D.Lgs. 124/2004, la maggiore difficoltà pratica consiste, per gli interessati, nella selezione del mezzo più adatto alle esigenze difensive e, per l’Ispettorato, nel riconoscere quello concretamente scelto. La difficoltà si riscontra anche nei rapporti tra scritti defensionali e ricorso al Comitato – di cui infra –, ma nel caso in esame è accentuata dalla competenza di un unico ufficio, l’ITL, per entrambi gli istituti.

Dal punto di vista dell’interessato, occorre chiarire che è possibile avvalersi contestualmente dei 2 strumenti, rendendo esplicita tale volontà attraverso il richiamo a entrambe le disposizioni di riferimento. Rileva, naturalmente, il rispetto del termine previsto dalla Legge per la presentazione, che per entrambi è di 30 giorni. È anche possibile richiedere l’audizione nel medesimo termine; è importante puntualizzare, tuttavia, che se si ricorre esclusivamente ex articolo 16, non è ammissibile alcuna audizione, come sopra precisato.

In generale, deve essere tenuto presente che la tutela più rapida – la decisione è adottata entro 60 giorni – e potenzialmente più efficace – annullamento o riforma del verbale – è costituita dal ricorso al Direttore ITL.

D’altro canto, la decisione di rigetto rende superflui i mezzi contemplati dall’articolo 18, L. 689/1981, essendo competente sul punto la medesima Autorità già pronunciatasi. La scelta dipende dagli interessi concreti perseguiti dagli incolpati, che devono valutare se ricevere una tutela immediata, che elimini le incertezze temporali, ovvero una tutela dai tempi non definiti, ma con la facoltà aggiuntiva dell’audizione.

Dal lato dell’ITL, nella pratica è frequente il caso in cui è presentata, nei confronti di un verbale redatto da organi estranei all’INL, un’istanza la cui forma e i cui contenuti possono indifferentemente essere attribuiti all’uno o all’altro rimedio. In tali fattispecie, il problema della sussunzione dell’istanza in un mezzo o nell’altro è la ricerca della volontà effettiva dell’interessato, ricavabile da vari indici, di forma e di sostanza. In tal senso, occorre verificare soprattutto quali disposizioni sono richiamate e quali richieste sono effettuate (petitum). In generale, può dirsi che la richiesta di audizione indirizza l’ITL nel ritenere la domanda sussumibile nell’articolo 18. Tuttavia, in non pochi casi i riferimenti degli interessati sono contraddittori, giacché, ad esempio, nell’istanza è richiamato l’articolo 16, D.Lgs. 124/2004, e, tuttavia, viene richiesta l’audizione, la quale non è compatibile con la disposizione citata. In tali casi, appare preferibile far prevalere la sostanza sulla forma, ritenendo che l’interessato abbia attivato l’articolo 18, quando risulti esternata la volontà di essere sentito personalmente. Altro indice può essere costituito dal petitum formale: se è chiesta l’archiviazione degli atti ispettivi, si può individuare l’articolo 18; invece, se la domanda ha ad oggetto l’annullamento del verbale, la soluzione è da ricercare nell’articolo 16.

Un criterio di scelta generale è costituito, in linea di principio, nell’individuazione del rimedio che offre maggiore tutela agli istanti. Tuttavia, tra i mezzi trattati è dubbio stabilire, in astratto, quello che offre maggiori garanzie, poiché – come già osservato – si potrebbe sostenere tanto che sia preferibile ottenere una tutela piena e immediata (articolo 16), quanto che lo sia ottenerne una dai tempi incerti, ma con la facoltà aggiuntiva dell’audizione (articolo 18). Come detto, la scelta dipende dai concreti interessi dell’incolpato.

 

Ricorso al Comitato e scritti difensivi

Altre criticità da segnalare riguardano i rapporti tra i mezzi di cui all’articolo 18, L. 689/1981 (presentazione degli scritti difensivi e richiesta di audizione), e quello di cui all’articolo 17, D.Lgs. 124/2004 (ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro). Non essendo più prevista in quest’ultima disposizione, come nella sua formulazione originaria, l’interruzione del termine per avvalersi dei mezzi previsti dal menzionato articolo 18, l’interessato, al fine di evitare la decadenza relativamente a uno di essi, può solo presentarli contestualmente. In tal senso, se l’intenzione della Legge fosse quella di evitare una duplicazione di tutele per il privato, la soluzione ottimale dovrebbe essere quella dell’eliminazione di una di esse e non certo la loro sovrapposizione. Occorre anche considerare che l’esame degli eventuali scritti defensionali ex articolo 18, L. 689/1981, successivamente all’espletamento del ricorso ex articolo 17, D.Lgs. 124/2004, risulta nella pratica quasi sempre inutile. Invero, è intuitiva la superfluità di detto esame nel caso di accoglimento del ricorso. Ma anche nell’ipotesi del rigetto, bisogna avere presente che l’ITL è vincolato, per prassi costante (Ministero del lavoro, circolare n. 10/2006), alla decisione di rigetto del Comitato. Pertanto, il margine di utilità per gli interessati delle memorie ex articolo 18, L. 689/1981, è limitato ai profili non trattati dalla decisione medesima.

Per il resto valgono le medesime considerazioni sopra espresse circa i rapporti tra ricorso al Direttore ITL e scritti difensivi.

 

Ricorso al Comitato e ricorso al Direttore ITL

In merito ai rapporti tra il ricorso al Comitato (articolo 17, L. 689/1981) e ricorso al Direttore ITL (articolo 16, D.Lgs. 124/2004), si registra un’asimmetria normativa tra essi. Infatti, pur avendo entrambi il medesimo oggetto – i verbali unici di accertamento e notificazione, sebbene promananti da organi diversi – il primo è, come visto, un ricorso a critica vincolata, mentre l’altro è a critica libera, non sussistendo limiti di materia alla cognizione dell’organo decisorio. Pertanto, i verbali che esulano dai profili di sussistenza e qualificazione dei rapporti di lavoro, ove promananti dagli organi dell’INL, non sono soggetti ad alcun contenzioso giustiziale-amministrativo. Si pensi ai verbali che attengono alle violazioni della disciplina dell’orario di lavoro e dei riposi (D.Lgs. 66/2003) ovvero alle violazioni sui limiti di contingentamento del contratto a termine (articolo 23, D.Lgs. 81/2015). Viceversa, lo sono in caso di accertamenti eseguiti dagli organi accertatori estranei all’INL, posto che l’articolo 16 riformato si riferisce genericamente agli atti compiuti da tali soggetti, non limitando la competenza per materia dell’organo decisorio.

In merito alla comparazione concreta tra i 2 rimedi, si può dire che non sussistono problemi di interferenza pratica, dal momento che è diversa la provenienza del verbale oggetto di impugnativa. Posto che l’atto ispettivo deve presentare una questione di qualificazione o sussistenza del rapporto lavorativo, è certo che, se l’atto ispettivo proviene dall’INL, la competenza è da attribuire al Comitato, in caso contrario al Direttore ITL. Ovviamente, se le questioni poste sono diverse da quelle qualificatorie di competenza del Comitato, l’istanza compete al Direttore ITL esclusivamente se l’atto impugnato promana da organi estranei all’INL; in caso contrario, il verbale non è impugnabile in sede amministrativo-giustiziale.

 

Osservazioni de jure condendo

L’analisi delle problematiche pratiche, sopra effettuata, evidenzia la necessità di una revisione del sistema difensivo procedimentale avverso gli atti ispettivi. L’intervento riformatore più agevole appare quello relativo al D.Lgs. 124/2004, laddove potrebbe essere opportuna, a fini di semplificazione, l’abrogazione di uno dei ricorsi, verosimilmente l’articolo 16, D.Lgs. 124/2004, il quale, come ora attuato nella pratica, appare di ben scarsa utilità e, anzi, crea problemi di sovrapposizione e duplicazione con gli altri rimedi. In alternativa, sembra più funzionale all’espressa finalità di indirizzo dell’azione ispettiva l’attribuzione del rimedio agli Ispettorati interregionali.

Sarebbe, inoltre, necessario un maggiore coordinamento normativo tra i mezzi di cui alla L. 689/1981 e quelli di cui al D.Lgs. 124/2004; in questa direzione, il ricorso al Comitato dovrebbe “assorbire” gli scritti difensivi, attraverso una norma che limiti la possibilità di esperire un solo mezzo, secondo la regola electa una via non datur recursus ad alteram.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Il giurista del lavoro“.

 

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