9 Ottobre 2025

Pubblico impiego: la Consulta interviene sull’indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo

di Redazione Scarica in PDF

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 144 del 7 ottobre 2025, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 63, comma 2, terzo periodo, D.Lgs. n. 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego, T.U.P.I.) come modificato dall’art. 21, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 75/2017, sollevata dal Tribunale di Trento, in funzione di giudice del lavoro.

Il giudice rimettente, chiamato a decidere sulla liquidazione dell’indennità risarcitoria in favore di un dipendente pubblico illegittimamente licenziato e poi reintegrato, aveva ritenuto di non poter commisurare la stessa “all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto”, come previsto dall’art. 63, T.U.P.I., in quanto il ricorrente – già in servizio alla data del 31 dicembre 1995 – non aveva optato per il passaggio al regime del TFR, continuando ad essere assoggettato al diverso regime dell’indennità premio di servizio (IPS). Secondo il giudice, pertanto, il parametro di riferimento ai fini della determinazione dell’indennità risarcitoria sarebbe da individuarsi nell’emolumento di fine rapporto (IPS o TFR) in concreto spettante al lavoratore al momento del recesso illegittimo: ne conseguirebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra dipendenti pubblici illegittimamente licenziati e poi reintegrati, in quanto al lavoratore assoggettato al regime dell’IPS verrebbe corrisposta un’indennità risarcitoria di importo inferiore in ragione della base retributiva più ristretta per il calcolo dell’IPS.

La Corte ha ritenuto errato il presupposto interpretativo da cui muove il giudice a quo, precisando che, nel riferirsi al TFR, l’art. 63, comma 2, T.U.P.I., come novellato, fornisce un parametro astratto per la liquidazione dell’indennità risarcitoria spettante al lavoratore illegittimamente estromesso, in aggiunta alla tutela reale. Il Legislatore del 2017, infatti, ha voluto armonizzare la disciplina relativa al licenziamento del dipendente pubblico contrattualizzato, così da assicurare, indistintamente, a tutto il personale, il medesimo meccanismo rimediale a fronte dell’illegittimo recesso, a prescindere dalla mancata scelta del lavoratore di passare dal regime dell’IPS a quello del TFR, che concerne la fase fisiologica di chiusura del rapporto lavorativo e non la fase patologica del rapporto stesso.

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