6 Maggio 2021

Le clausole di disponibilità del lavoro festivo

di Luca Vannoni

Il lavoro festivo è stato recentemente oggetto di intensi contrasti, anche a livello sindacale, in particolare nella grande distribuzione, relativamente alla possibilità del lavoratore di rifiutarsi allo svolgimento di tali prestazioni lavorative, che non potevano non sfociare anche in giurisprudenza.

Con la sentenza n. 18887/2019, la Cassazione stabilì la nullità delle clausole di contratti collettivi che prevedono l’obbligo dei dipendenti di lavorare nei giorni di festività infrasettimanale, in quanto “incidenti sul diritto dei lavoratori – indisponibile come detto da parte delle organizzazioni sindacali  – di astenersi dalla prestazione”: visto che non sono di certo marginali i Ccnl (ad esempio, Metalmeccanica industria, articolo 7: “nessun lavoratore può rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario, notturno e festivo”), dove si leggono tali regolamentazioni, è opportuno prestare estrema attenzione nel pretendere lavoro festivo in assenza di accordo individuale, visto che, oltre ad essere ormai consolidato tale orientamento giurisprudenziale, un eventuale licenziamento disposto a seguito del rifiuto del lavoratore, con tutta probabilità, sarà oggetto di tutele reintegratorie.

Data, quindi, per assodata la necessaria volontarietà, mediante accordo col lavoratore, nello svolgimento del lavoro festivo, nella giurisprudenza di merito si apriva un nuovo fronte, relativo alle clausole contrattuali “generiche” presenti nelle lettere individuali di lavoro, considerate di non essere titolo sufficiente per pretendere prestazioni da parte del datore di lavoro.

Con la recente ordinanza n. 8958 del 31 marzo 2021, la Corte di Cassazione è stata chiamata, infatti, a giudicare la legittimità di tali orientamenti di merito – che avevano trovato spazio e visibilità anche nella cronaca generalista – dove si era affermato, relativamente all’obbligo di svolgere prestazioni durante le festività, la non sufficienza a tal fine di clausole di disponibilità contenute nel contratto di lavoro: nella sentenza della Corte d’Appello di Trento, 30 gennaio 2017 (conformemente all’esito del primo grado di merito presso il Tribunale di Rovereto), una clausola del contratto individuale, in cui il lavoratore si obbligava a svolgere prestazioni nelle festività civili e religiose (settore Commercio GDO), era stata considerata dal contenuto indeterminato, attivabile discrezionalmente dal datore di lavoro, e pertanto nulla, in quanto volta a eludere la disciplina sopra richiamata in materia di festività.

La Suprema Corte boccia la ricostruzione operata dai giudici trentini, che, se fosse stata accolta a livello di legittimità, non pochi problemi gestionali avrebbe creato ai settori del commercio e dei pubblici esercizi.

In primo luogo, viene richiamata la clausola sottoscritta – ovvero indirettamente o direttamente richiamata nelle successive convenzioni modificative dei rispettivi rapporti di lavoro – dalle 3 lavoratrici all’atto dell’assunzione: “si conviene che, qualora richiesto, lei sarà chiamata a prestare attività lavorativa nei giorni festivi e domenicali, fermo il diritto al riposo previsto dalla legge“.

Nelle motivazioni si legge che l’interpretazione data a tale clausola dai giudici di merito “espunge dalla ricostruzione del significato (obiettivo) dell’accordo il criterio dell’interpretazione letterale (art. 1362 c.c., comma 1), violando, inoltre, il principio di conservazione del contratto (art. 1367 c.c.)

Da una parte, l’oggetto della clausola è senz’altro determinabile in quanto inequivocabilmente individuabile mediante il riferimento ai “giorni festivi“, e, dunque, con un esplicito rinvio alla normativa che individua tali giorni (L. 260/1949), con conseguente esclusione di una determinazione di tali festività rimessa all’arbitrio della parte datoriale: il rimando a elementi esterni – ma idonei a consentirne l’identificazione in modo inequivoco – è sufficiente, ai fini della validità e della determinabilità dell’oggetto di una clausola contrattuale.

Con la sottoscrizione di tale clausola, viene riconosciuto legittimamente al datore di lavoro il potere di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi (e domenicali), nel rispetto della normativa dettata in materia di riposo settimanale.

Dopo l’analisi della clausola contrattuale, già di per sé sufficiente a determinare l’esito della controversia, la Suprema Corte ricorda come le festività infrasettimanali, a differenza delle ferie e del riposo settimanale, non sono tutelate dalla Costituzione: l’astenersi dal lavoro durante le festività infrasettimanali è un diritto soggettivo, come detto, non disponibile a livello collettivo, ma non è assoluto, potendo il lavoratore, nell’esercizio della propria autonomia individuale, esprimere il consenso a lavorare in tali giornate, come si ricava agevolmente dall’articolo 5, L. 260/1949, che prevede una retribuzione aggiuntiva per i lavoratori che “prestino la loro opera nelle suindicate festività”.

 

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